domenica 26 maggio 2013

I lavori della nuova lavanderia

Anche se con ritmi piuttosto lenti, la costruzione della nuova lavanderia dell’ospedale procede.
Ieri è stata una giornata veramente intensa in quanto si è ultimata la gettata in cemento: tutto viene fatto a mano e non c’è neppure una betoniera per mescolare il cemento. Utilizzando questa impresa costruzoni “molto locale” abbiamo però due vantaggi: si riducono i prezzi rispetto ad una ditta attrezzata che provenga da Nairobi; inoltre si dà un incentivo all’economia locale di Chaaria dal momento che tutti i lavoratori sono presi a giornata dai dintorni.
Ora non rimane molto da fare per i muratori in quanto ci saranno solo i pilastri ed il tetto.
In un angolo della costruzione ci saranno comunque due stanze chiuse con servizi annessi, in quanto vogliamo trasportare qui anche la “staff room” attualmente presente nell’oupatient. Questo ci permetterà di recuperare due stanze nel vecchio dispensario, stanze che pensiamo naturalmente di adibire ad ambulatori, per evitare che ci siano due infermieri o clinical officer a visitare nella stessa stanza.





Il lavoro più lungo sarà però il trasporto e la connessone delle grandi lavatrici industriali dalla vecchia alla nuova lavanderia: ma anche questo pian piano sarà ultimato.
Mentre vediamo la costruzione che cresce lentamente ma inesorabilmente, il nostro cuore si riempie di riconoscenza per i nostri benefattori che con le loro generose offerte ci consentono di continuare a far crescere ed a migliorare ulteriormente il servizio da noi prestato a Chaaria.
Terminati i lavori della nuova lavanderia, a Dio piacendo, dovremmo iniziare quelli per la nuova maternità.
Di tutto ringraziamo la Divina Provvidenza.


Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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