mercoledì 22 maggio 2013

Le ultime tre settimane chirurgiche

Sono state caratterizzate da moltissimi interventi sull’intestino.
Abbiamo avuto varie emergenze: coltellate nella pancia, perforazioni di ulcere duodenali, peritoniti secondarie a perforazioni ileali da tifo, e peritoniti dovute a colecistite suppurativa (probabilmente anche questa tifoidea).
Ci siamo poi anche avventurati in chirurgia del colon e della colecisti.
C’è stata una resezione anteriore del retto ed un paio di colostomie in tumori ormai inoperabili.
Inoltre abbiamo fatto una derivazione biliare in digiuno per una ragazza giovanissima con tumore della testa del pancreas.
Sono continuate tutte le altre chirurgie che per noi sono routine: gravidanze extrauterine, raschiamenti uterini, isterectomie, miomectomie, ernie ed idroceli, tanti cesarei... e tutto il resto.
E’ sotto gli occhi di tutti che la gente ci cerca sempre di più per i loro problemi chirurgici e che quindi il numero degli interventi è più che raddoppiato dal giorno in cui abiamo aperto la nuova sala.




La grossa chirurgia intestinale che abbiamo fatto in queste tre settimane rimane comunque per noi una frontiera ancora poco esplorata. Dipendiamo completamente dalla competenza dei chirurghi italiani per l’operazione, e per noi non è molto chiaro il piano di preparazione pre-operatoria ed il follow up post-operatorio.
Io personalmente non mi sento padrone della chirurgia del colon: ci vorrà del tempo prima che io possa acquisire una mia sicurezza emotiva ed una buona manualità. Inoltre rimane per me un certo disorientamento riguardo al follow up post-operatorio ed alle possibili complicazioni a distanza.
Dal punto di vista della chirurgia del colon ho bisogno di chirurghi volontari che si parlino tra di loro in Italia anche prima di venire, per evitare che io riceva messaggi contraddittori tra un volontario ed il seguente.
Per esempio e’ assolutamente necessario per me sapere cosa fare in caso di perforazione intestinale dell’ultima ansa ileale da tifo: qualcuno dice che non si deve fare la anastomosi ileo-ileale ma bisogna procedere ad anastomosi ileo colica sull’ascendente; altri dicono che invece si può fare; altri ancora sostengono la necessità di una ileostomia di protezione.
Anche riguardo a quest’ultima, alcuni chirurghi dicono che è improponibile a Chaaria perchè c’è il pericolo che il paziente si disidrati e non si possa gestire làileostomia a casa; altri dicono che invece non ci sono problemi e si può fare tranquillamente.
Queste visioni contrastanti, del tutto lecite in quanto la chirurgia è in continua evoluzione, in realtà mi disorientano e mi mettono in crisi.
Io ho bisogno che i volontari seguano tutti la stessa linea di azione almeno fin quando sarò del tutto indipendente e capace di fare le mie scelte.
Per la ginecologia credo di esserci arrivato: io non mi preoccupo più di tanto quando un ginecologo italiano viene e mi dice che lui fa l’isterectomia in maniera in parte diversa da come la faccio io. Ho le mie sicurezze; lo lascio agire diversamente perchè mi fido, ma non necessariamente poi decido di cambiare il mio metodo... cambierò solo se riterrò che la nuova modalità apporti un reale miglioramento rispetto alla mia tecnica.
Può essere la stessa cosa per l’ernia o per altri settori, ma per la chirurgia dell’intestino ho bisogno di una formazione passo dopo passo, una formazione che sia costante e uniforme tra i vari volontari: se uno mi dice: “fai così” ed il prossimo mi dice di fare un’altra cosa, per il momento io non sono in grado di fare la mia sintesicritica, e quindi mi disoriento.
Mentre rinnovo la mia voglia di continuare ad imparare da tutti, ed a servire sempre di più e sempre meglio anche nel settore della chirurgia intestinale, allo stesso tempo offro questo mio momento di disorientamento, dal quale forse potrebbe nascere un dialogo tra chirurghi volontari e delle linee guida sia per la sala operatoria sia per il follow up.
Scusate se ho scritto questo ma penso che dal disorientamento di questi giorni possa  nascere un meccanismo attraverso cui potremo perfezionare la chirurgia intestinale ed anche il mio apprendimento in questo settore... sempre e solo per il bene dei nostri malati.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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