domenica 19 maggio 2013

Sabato e Domenica!


Normalmente uno pensa al sabato come alla prima giornata del week end… giornata di riposo, shopping e magari pulizie in casa.
Anche coloro che lavorano al sabato, spesso lo fanno per mezza giornata.
A Chaaria invece il sabato e’ diventata una giornata tremenda: ci sono certamente piu’ pazienti che al lunedi’ ed il personale e’ purtroppo ridotto, a motivo dei riposi.
Con la presenza dei chirurghi italiani poi il sabato e’ anche giorno di sala operatoria.
Per esempio ieri abbiamo avuto quattro interventi programmati, due cesarei urgenti e due raschiamenti uterini.
Il sabato e’ quindi una giornata lavorativa ancor piu’ impegnativa degli altri giorni.





C’e’ chi viene al sabato perche’ gli altri giorni lavora. Altri sono musulmani e per loro e’ come se fosse lunedi’. Altri ancora si illudono che al week end si debba fare meno anticamera.
Ieri poi il sabato e’ culminato con una nottataccia: due cesarei ed un raschiamento.
Avere tre chiamate in una stessa notte vuol dire non dormire nulla perche’ tra una chiamata e l’altra ci vuole un’eternita’ a riprendere sonno. Vuol dire anche trascinarsi il giorno seguente che comunque non e’ libero.
Anche la domenica infatti e’ generalmente molto piena ed impegnativa e si finisce tardi nel pomeriggio... le emergenze poi arrivano in modo del tutto imprevedibile: pure oggi abbiamo avuto una tremenda ferita da machete da suturare in sala, ed un cesareo.
Il weekend a Chaaria non e’ affatto riposante e rilassante, ed al momento in cui vi scrivo ho gli occhi che si chiudono e crollo dal sonno: buona notte... e speriamo che stanotte non mi chiamino.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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