venerdì 16 agosto 2013

Anche Ruth ci ha lasciati.


E’ stato molto commovente oggi, quando il papà di Ruth mi ha abbracciato con le lacrime agli occhi e mi ha ringraziato per tutto quello che abbiamo fatto per la sua bambina nel primo anno e mezzo circa della sua vita.
Mi è venuto un groppo alla gola, sia considerando quanto buono è questo genitore, e sia soprattutto perchè ricordo benissimo le circostanze in cui Ruth è diventata orfana ed il suo papà vedovo.
La mamma di Ruth ha avuto complicazioni durante il cesareo. Ero veramente distrutto, ma quel papà ha compreso che avevamo fatto tutto quello che era stato possibile per salvare la sua consorte, e che a volte la morte è più forte di tutte le medicine.



Gli avevamo promesso di prendersi cura della sua bambina e di ridargliela forte e bella. Lui ci aveva assicurato che non sarebbe scomparso, che sarebbe venuto frequentemente a far visita alla sua piccola e che sarebbe venuto a prenderla non appena fosse stata grande abbastanza per stare in casa con lui.
E’ stato un uomo di parola, ed oggi è arrivato con alcune zie per riprendersi la sua piccola: anche oggi mi ha assicurato che non si darà alla macchia, ma mi porterà la bambina almeno una volta all’anno, in modo da farmi vedere i suoi progressi e la sua crescita.
L’abbiamo vestita a puntino, con dei vestiti donatici dai volontari, e, quano è partita per Mitunguu, sembrava una vera principessa!
Nella foto vedete le zie, il papà, ed il fratello più grande di Ruth.
Ancora ringrazio questo genitore che oggi ha voltuto anche farci una generosa offerta per il mantenimento degli altri orfani che rimangono qui nel nostro ospedale.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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