venerdì 4 ottobre 2013

Una nuova orfanella per Chaaria

“Non ho ancora un nome perchè non mi hanno ancora battezzata.
Mio papà è povero ed onestamente anche un po’ strano nel suo modo di comportarsi: quelli del villaggio lo chiamano “scemo”.
Sono nata una settimana fa a casa mia, e mi sento malissimo all’idea che, per dare la vita a me, la mia povera mamma ha perso la sua.
Mamma non era andata all’ospedale perchè non aveva soldi, ed ecco che è capitato nuovamente il disastro che tutti temono, ma che a volte i poveri non riescono ad evitare.
Mia mamma morta di parto, e mio padre lo “scemo del villaggio”: ecco le ragioni per cui ora mi trovo a Chaaria tra gli orfanelli.
Quando mi hanno portata al Cottolengo Mission Hospital per interessamento dei vicini, ero sinceramente molto affamata. 
Ora invece almeno la fame non la sento più, anche se mi manca tanto il contatto fisico con quella mamma dalla quale mi sono staccata per sempre nel momento in cui è stato tagliato il mio cordone ombelicale.



Qui in ospedale hanno anche iniziato a farmi quelle cose odiosissime e dolorose che chiamano vaccini. Sicuramente si stanno prendendo cura di me... ma essere in orfanotrofio è sempre una cosa diversa dall’essere a casa con la mamma ed il papà.
Sicuramente mi battezzeranno, ed allora sia io che voi sapremo il mio nome”.


Bimba senza nome e Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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