lunedì 23 dicembre 2013

Pamela e Sharon

Le ho chiamate oggi in ospedale insieme alla mamma Kinya per far loro il regalo di Natale e dire loro che, grazie agli sponsor italiani, posso nuovamente prendermi cura di loro.
Ho detto alla mamma di mettersi il vestito delle grandi occasioni perchè avrei fatto una foto da mandare in Italia, ma, come vedete, il risultato non è stato esattamente dei più brillanti.
Pamela (la più grande) era stata tolta alla mamma e mandata in un centro di correzione per minori perchè coinvolta in un giro di prostituzione infantile. Ora è stata restituita alla madre, con la supervisione della polizia, del preside della scuola elementare e del sottoscritto.
Speriamo che, tutti insieme riusciremo a proteggere Pamela e la piccola Sharon da tanti maschi avvoltoi che sono pronti ad approfittare di loro promettendo un pezzo di pane o di dolce.
Il piano che ho concordato con il preside riguarda prima di tutto gli aiuti alimentari per questa famiglia: la mamma è divorziata e sola, ed onestamente non è molto dotata come quoziente intellettuale; sarà il preside a comprare i viveri ed a fornirli pian piano a seconda delle necessità.



Compreremo poi uniformi scolastiche, vestiti, scarpe e biancheria intima per queste bambine che ne sono completamente sprovviste.
Pagheremo inoltre l’affitto per una stanza in cui possano vivere senza essere continuamente sfrattate.
Ringraziamo i nostri benefattori che ci permettono di mantenere uno sguardo anche al di fuori dell’ospedale e di aiutare situazioni veramente bisognose come quelle di Pamela, Sharon e della mamma.
Che Dio benedica coloro che aiutano i poveri


Fr Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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