domenica 26 gennaio 2014

La forbice tra i ricchi ed i poveri


Sono a Meru per una presentazione medica sul diabete. Il relatore è molto brillante ed illustra la patologia in modo davvero eccellente.

L'evento di oggi è sponsorizzato da una multinazionale del farmaco, e ci troviamo in un pub a "molte stelle". Sul muro ci sono vari poster che presentano i prodotti della ditta che ci ha invitati, e sul nostro tavolo troviamo una serie di articoli riguardanti i vari farmaci, una cartellina trasparente in plastica su cui appare a chiare lettere il nome del loro prodotto principale, ed una biro anch'essa carica di messaggi commerciali.
La parte finale della presentazione mi turba un po' in quanto il relatore sostiene che, oltre ai normali farmaci per il diabete, tutti i pazienti dovrebbero avere in terapia una statina (farmaco che abbassa il colesterolo) indipendentemente dai valori della colesterolemia, perchè vari studi hanno dimostrato che tale approccio terapeutico abbassa la mortalità e migliora la qualità di vita dei pazienti.



Per un po' io mi mordo la lingua, ma poi non ce la faccio più a stare zitto, soprattutto pensando alla mia gente del Tharaka, ai pazienti dei villaggi più sperduti che percorrono a piedi strade polverose ed impervie per venire a Chaaria... e poi mi dicono che non hanno soldi per le medicine. 
Chiedo quindi al relatore: "Tutti sappiamo che i pazienti hanno grossi problemi con le terapie croniche e tutti sappiamo che, quando non hanno soldi, non vengono certamente in
ospedale a comprare le medicine. 
E' sotto gli occhi di tutti che l'insulina è a tutt'oggi un farmaco molto costoso che molti non possono permettersi. Come medici sappiamo che tantissime volte i diabetici sono anche ipertesi e quindi devono comprare pure le medicine per la pressione alta. Come si fa a pensare che possiamo prescivere a tutti i diabetici anche una statina a vita, visto che al momento tali prodotti non sono proprio così a buon prezzo?"
La risposta mi lascia senza fiato e non ho il coraggio di controbattere. In inglese, come l'ho sentita con le mie orecchie, è stata ancora più forte. Cerco di tradurla come posso: "Con questa medicina che noi proponiamo di aggiungere al protocollo terapeutico, noi non abbiamo come target l'80% della popolazione che non se la può permettere, ma il 20% della gente, quella che è vergognosamente ricca".
Naturalmente non ho ribattuto e me ne sono tornato a Chaaria portandomi nel cuore il messaggio che mi pare sia venuto fuori anche a Davos al "World Economic Forum", e cioè che la forbice tra i ricchi ed i poveri non si sta affatto chiudendo, ma bensì allargando a dismisura.
Lasciandomi alle spalle il lussuoso albergo della conferenza ed inoltrandomi nelle nostre strade sterrate ho la percezione anche visiva di questa forbice che qui in Africa sperimentiamo addirittura tra le popolazioni urbane e quelle rurali.



Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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