martedì 7 gennaio 2014

Paul, Elisa e Laura


Paul Onyango ogni anno ci dona un mese della sua vita e passa con noi tutto il mese di dicembre. Anche quest’anno la sua presenza è stata veramente preziosa, e Paul si è distinto per l’abnegazione e la disponibilità a tutti i servizi più umili per i nostri malati.

Elisa e Laura hanno anch’esse prestato il loro servizio in ospedale: Laura è una neurochirurga che però si è resa disponibile ad aiutare in tutte le forme di chirurgia disponibili a Chaaria; Elisa è una spiecializzanda in medicina interna che ha aiutato molto nella gestione dei pazienti ricoverati in reparto e nella visita dei malati ambulatoriali.
Sentiremo moltissimo la mancanza di Paul, specialmente nel servizio dei pazienti alettati e non autosufficienti: Paul è infatti imbattibile per la dedizione che vive proprio nei servizi più umili a chi è più grave: lo imbocca, lo gira nel letto, lo mette in carrozzina, fa l’igiene personale, si ricorda della zanzariera, medica le piaghe da decubito.



La presenza di Laura ha velocizzato molte pratiche chirurgiche sia di giorno che di notte, mentre le competenze di Elisa hanno dato un qualcosa in più ai pazienti cardiologici ed ai casi medici più complicati e spinosi.
Ringrazio Elisa e Laura per la buona collaborazione con il personale locale.
A tutti e tre va la nostra riconoscenza, e soprattutto va il sorriso della povera gente.
Promettiamo, come sempre, la nostra povera preghiera per i volontari, e, se Dio vorrà, speriamo di poter ancora lavorare insieme a Chaaria.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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