domenica 16 marzo 2014

Ancora partenze


Anche questa sera a cena ci sono stati dei saluti, e questi momenti per noi sono sempre segnati da una punta di tristezza: tristezza perchè quindici giorni sono veramente pochi; tristezza perchè è proprio dopo il rodaggio della prima settimana (in cui prevalgono disorientamento e fatica da entrambe le parti) che si inizia a star bene insieme ed a collaborare senza difficoltà.
Onestamente però la partenza dei volontari è anche un momento di gioia: gioia per il tantissimo lavoro fatto insieme, per i malati che abbiamo aiutato ed assistito, per le persone che insieme abbiamo fatto felici.
I volontari sono come le mattonelle in una strada lastricata: ogni mattonella, presa in se stessa, è corta e certo non copre gran parte del cammino che quella strada intende coprire, ma, senza la singola mattonella, non ci sarebbe neppure la strada. 
Ecco quindi che quindici giorni sono pochi, ma sono comunque molto significativi e contribuiscono grandemente a quel grande sogno ancora non pienamente realizzato che è Chaaria.



So poi che i volontari continuano a lavorare per noi anche quando ritornano in Italia, con la sensibilizzazione, con la diffusione del nostro messaggio di impegno e solidarietà e con la raccolta dei fondi che così tanto ci sono necessari per la gestione di Chaaria.
Nella foto di oggi vedete solo Lucia perchè è stato un periodo così duro che non ho trovato neppure il tempo di fotografare tutti gli altri. 
Ringrazio comunque ognuno dei membri del gruppo sardo che domani ci lascia, e chiedo loro di scusarmi per l'assenza della foto: inizio con Lucia, con cui ho lavorato di più in sala operatoria. La sua competenza nella chirurgia ginecologica ci ha permesso di fare interventi veramente giganteschi. 
Siamo riusciti a fare isterectomie di uteri che pesavano fino a 8 chilogrammi; abbiamo asportato cisti ovariche grandi come gravidanze a termine. Innumerevoli sono stati anche gli interventi oncologici. Lascio poi immaginare quanti siano stati i cesarei, le revisioni della cavità uterina e le gravidanze ectopiche. Lucia è una persona umilissima, con cui tutti si sono trovati bene.
Continuo con Fausta, ginecologa pure lei, e più focalizzata sulla diagnosi ecografica e clinica. Fausta conosce l'ecografo in maniera magistrale ed ha fatto diagnosi fini che a me certamente sarebbero sfuggite. 
Grazie alla sua presenza poi siamo riusciti ad offrire una ecografia ostetrica a tutte le donne ricoverate per parto... cosa che io non riesco a fare quando sono da solo.
Roberto è stato una presenza molto importante in pediatria ed in sala parto. La sua competenza come pediatra ci ha permesso di salvare molti bambini da una morte che tutti ritenevano pressochè certa. 
E' stato bello averlo a ricevere il neonato dopo ogni parto o dopo ogni cesareo; inoltre non posso non citare il figlio di Rachel, che ora sta decisamente meglio, ma che è stato in condizioni cliniche veramente critiche per molti giorni, e che è migliorato solo grazie all'amore ed alle cure di Roberto.
Dolores ha lavorato alacremente come al solito per far sentire ai nostri Buoni Figli che essi sono amati e che sono al centro delle nostre attenzioni. Dolores si è dedicata ai ragazzi con tanto affetto, li ha serviti nei loro bisogni primordiali, ma anche nel laboratorio occupazionale e nella scuola speciale. 
Non si è risparmiata neppure in stireria e nel guardaroba. Come di consueto ha preparato una bellissima festa per i Buoni Figli e per loro ha cucinato tante leccornie sia dolci che salate.
Paolo ha collaborato con Dolores nel servizio dei Buoni Figli ed insieme si è dedicato anche ai giovani di Chaaria per i quali ha organizzato un torneo calcistico veramente apprezzato.
A tutti va il nostro sentito ringraziamento, unito alla nostra sincera preghiera per tutto quello che il loro cuore desidera.
Ad ognuno auguriamo un buon ritorno a Cagliari, ed ogni bene per la loro vita futura.



Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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