martedì 25 marzo 2014

Triturati da un ritmo quasi insostenibile


Con l'arrivo di Pietro, il numero di interventi chirurgici si è decuplicato.
Grazie alla sua presenza ed a quella non meno importante di Giorgia, stiamo cercando di eseguire operazioni veramente molto complesse, che noi non saremmo in grado di fare da soli.
Abbiamo prostatectomie ogni giorno... con tutte le problematiche del post-operatorio che questo tipo di intervento comporta.
Pietro è poi al momento l'unico volontario che esegue tiroidectomie, e quindi ha un sacco di appuntamenti ed una lista d'attesa veramente eccezionale, pur operando due tiroidi al giorno.
Non sono naturalmente mancati i casi veramente difficili: occlusioni intestinali, chiusura di ileostomie praticate nei mesi precedenti da altri volontari.
Un cenno a parte merita il caso di una donna ferita dal marito con una coltellata al perineo: la lama del pugnale era penetrata in vagina ed aveva sfondato il sigma. E' stato un interventone veramente difficile, ma la donna sta recuperando bene.


Per ragioni che non mi so spiegare è anche un tempo di grande violenza: le ferite da machete sono evenienza pressochè quotidiana ed a volte i disastri fatti in un minuto dalla panga richiedono ore ed ore di lavoro per la riparazione. 
Oggi per esempio abbiamo dovuto fare una fissazione interna con placca di radio ed ulna, oltre che varie tenorrafie, miorrafie e sutura del nervo radiale in una ragazzo colpito da un solo colpo di machete all'avambraccio.
Anche gli interventi ginecologici sono tanti, mentre la maternità scoppia e si fanno cesarei a ritmo continuativo. Nell'ultima settimana poi abbiamo avuto già 5 gravidanze extrauterine, percentuale piuttosto alta rispetto alla media.
Sono sette notti che non dormo a causa di chiamate notturne: in settimane come questa capisco molto bene come la "deprivazione del sonno", o l'essere svegliati a tutte le ore di notte, possano essere usati da certi governi come arma di tortura sui prigionieri. 
Mi sento onestamente distrutto ed a volte anche un po' sballato nella testa, anche perchè dopo ogni chiamata notturna, mi ci vogliono ore ed ore per riprendere sonno.
Con tutto ciò siamo contenti e motivati.
Quando faccio il giro serale e vedo due pazienti per letto, oppure quando finiamo la seduta operatoria ordinaria alle 20 di sera (senza poi contare le emergenze che non mancano mai), il mio cuore è stanco e sereno nello stesso tempo, perchè dico a me stesso che Chaaria è ancora importante per tantissima gente.
Unica nota dolente di stasera è che, per l'ennesima volta, siamo in generatore ed alle 22.30 spegnerò lasciando l'ospedale alla fioca luce dei pannelli solari... se la luce non torna per tutta la notte, domattina avremo qualche problema con la sterilizzazione per la nuova lista operatoria... ma il Signore verrà a darci una mano ed ad indicarci una via d'uscita anche questa volta, come sempre ha fatto in passato.
Naturalmente spero che stanotte non mi chiamino nuovamente!

Fr Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

Fratel. Beppe sicuramente il Signore vi dara una mano, vi manderà qualcuno per aiutarvi!!Come altre volte ho scritto, forse il Signore ci porta al limite del nostro "possibile" per diventarci indispensabile. un poeta (Tagore) scriveva : .."lasciami solo quel poco con cui non possa mai nasconderti"...così da non - poter - fare - a - meno di Lui che è il nostro Tutto, anche se non ce ne accorgiamo perchè non abbiamo intorno nessuna materiale (e spirituale) risorsa. Coraggio:-) Baci a tutti, mi insegnate tanto. grazie !
Patrizia - maidoc@libero.it -
PS invio sempre come Anonimo perchè non so come fare per scegliere un identità....


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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