giovedì 10 aprile 2014

Lettera di Giovanna e Giorgio


Caro Beppe,

è passata una settimana dalla nostra partenza da Chaaria ...
La vita, qui nel nostro mondo, si è nuovamente impossessata di noi, del nostro tempo, delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti; la realtà della missione rimane nel cuore e nei ricordi, ma definitivamente lontana nello spazio.
Dopo aver metabolizzato l'esperienza trascorsa con te e con la comunità, ci rendiamo conto di quanto ci sia rimasto sotto pelle e di quanto assurde siano tante cose che ci circondano e di quanto poco significato possano rivestire, per noi, alcune problematiche che ad altri, qui, sembrano di vitale importanza.
L'accudire Amos con il suo sorriso senza parole, gli scambi con John e con Meme, la passeggiate con Kimani, i discorsi incomprensibili di Mururu e tanti altri momenti vissuti nella giornata, rendevano tutto più bello, forse un po' difficile e stancante, ma davano un reale significato al nostro essere lì.
Guardiamo e riguardiamo le foto che ci riportano a voi, agli attimi che abbiamo assaporato con gioia o con commozione (di questo ringraziamo il Signore), con il rimpianto di non aver potuto fare di più.



Siamo ricchi dello scambio e della conoscenza di persone, belle dentro, volontari come noi, che hanno scelto di passare qualche tempo a Chaaria, della vita di comunità, delle cene condivise, degli scherzi e delle prese in giro; sicuramente siamo delle persone diverse da quelle che, un mese fa, preparavano i bagagli per affrontare un'esperienza nuova e forte.
Ti ringraziamo per il lavoro che svolgi per tutte le persone che si rivolgono a te, ti ringraziamo per aver voglia di andare avanti, nonostante le avversità, ti ringraziamo per l'esempio silenzioso.
Non ti mancherà il nostro ricordo e la nostra preghiera!
Con tanto, tanto affetto



Giovanna e Giorgio (genitori di Giorgia)


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....