venerdì 2 maggio 2014

Le uscite dalla missione

Chaaria è in genere un villaggio tranquillo e normalmente i “bianchi” sono rispettati perchè la gente sa che essi sono volontari dell’ospedale.
Rimane comunque il fatto che nei dintorni di Chaaria c’è tanto alcoolismo ed alla sera è possibile imbattesi in persone ubriache ed a volte violente.
Due giorni fa abbiamo ricoverato una bimba di 11 anni violentata da un giovane ora già sotto custodia della polizia.
I tagli da machete sono abbastanza comuni anche in quest’ultimo periodo.
Oggi abbiamo un cadavere in obitorio, morto a Nkandone (due chilometri da Chaaria market) per ferite da arma da fuoco.




Con tale descrizione non intendiamo fare nessuna opera di terrorismo.
Intendiamo solo dire ai volontari che è cosa buona che essi ci informino quando escono. Pensiamo che il termine “informare” sia quello più corretto: infatti noi non pensiamo che ci debbano chiedere
il permesso.
E’ frequente sentire da qualcuno la frase: “ci hanno detto che dobbiamo chiedere il permesso anche per andare a correre al mattino”... non si tratta di chiedere il permesso; non siamo certo
all’asilo!
Il fatto è che a noi fa piacere sapere se i volontari sono all’interno o all’esterno della missione, perchè è auspicaile che non capiti mai nulla, ma allo stesso tempo è importante essere al corrente dei loro spostamenti.
Da parte nostra non si tratta di dare o non dare un permesso.
Potrebbe essere semplicemente anche l’occasione per dare un consiglio, sia sugli orari da evitare per le uscite, e sia sui posti un po’ più rischiosi del circondario.

Fr. Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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