lunedì 2 giugno 2014

Kitu cha pweza


Akitembea ufukweni mwa bahari, mtu fulani alimwona kijana kutoka mbali alikuwa akiokota kitu akitupa baharini.
Akikaribia aliona pwani vitu vya pweza vingi, ambavyo na bahari vimetupwa ukingoni.
Kwa sababu ya maji kupwa, havikuweza kurudi baharini, na vingekufa pale pale.
Kijana alichukua vitu vya pweza alivitupa baharini.
Mtu huyu, baada ya kutazama kazi hii bure, alimwambia kijana: ‘Kuna maelfu ya vitu vya pweza ukingoni  mwa bahari. Huwezi kuvichukua vyote. Vimekuzidi! Hutaweza kuokota vingi via kutosha ili kazi yako ngumu iwe na maana’.
Kijana alimtazama mtu huyu; akichukua kitu cha pweza kingine, akikitupa baharini, akajibu: ‘kwa kweli kazi yangu ni ya mahana kwa kitu cha pweza hiki ambacho kinarudi baharini mbele ya kufa’.

Glossary
Kitu cha pweza = starfish = stella marina



PS: Traduzione in Kiswahili della poesia “Stella Marina”, che trovate nell’introduzione del blog. Questa poesia è anche il motto che ci incoraggia a lavorare ogni giorno a Chaaria, e che indica un senso  per le nostre azioni. Non possiamo salvare tutti, ma l’importante è ciò che riusciamo a fare per tutti coloro che possiamo raggiungere con il nostro impegno.
Indubbiamente la poesia “Stella Marina” ci porta sempre a ricordare la nostra Stella, morta ormai da 10 anni, e per cui abbiamo fatto tutto quello che potevamo (la sua storia la trovate sul libro AD UN PASSO DAL CUORE). Stella è stata una delle tante “stelle marine” per cui ci siamo donati.


Traduzione è di Fr Beppe Gaido ed è stata riveduta da John Gift Nyoka

1 commento:

Anonimo ha detto...

Nimependa sana. Rose Mwendwa


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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