domenica 31 agosto 2014

Lettera da Pierantonio Visentin


Caro Superiore, caro fr. Beppe,
in prossimità della Trigesima di Fratel LODOVICO desidero soffermarmi sul servizio che voi Fratelli di Chaaria gli avete reso in questi anni, con amore, per assisterlo e per sostenerlo nel suo declino fisico. 
I Fratelli che sono o che sono stati a Chaaria, per i loro servizi di autorità e di obbedienza, hanno fatto una carità che ha consentito a fr. Lodovico di ritirarsi ad una vita in tutto simile a quella dei religiosi della vita contemplativa, permettendogli di mettere a frutto il dono dell’integrità mentale con la preghiera, che il Santo ricordava essere la cosa più importante, quella che fa andare avanti la Piccola Casa. 
Una carità che lascia una testimonianza di grande devozione vostra, e sua, con una senescenza vissuta nell’umiltà e nella progressiva semplificazione, fino a rendersi essenziale nella preparazione al distacco e al premio finale.
E’ stata una carità fraterna tanto apprezzata da fr. Lodovico, che solo con parsimonia (e con ritrosia) concedeva ad altri di sostituirsi a voi in alcuni servigi. 

 
Ho sempre ritenuto un dono straordinario il tempo che fr. Lodovico mi ha concesso negli anni trascorsi a Chaaria, per venire in aiuto ad un bisognoso come me, che già ai primi incontri aveva palesato delle carenze così rilevanti da indurlo a consigliarmi di iniziare a leggere gli scritti degli antichi padri della chiesa, indicandomi lo scaffale della biblioteca sul quale reperire un paio di volumi utili.
Dopo quelle letture fr. Lodovico mi prestava il testo di una biblista che, proprio partendo dalla letteratura sapienziale degli antichi padri, analizzava le differenze fra la spiritualità orientale, che si fonda sul pensiero simbolico e che è propria anche delle popolazioni primigenie, rispetto alla mentalità occidentale e moderna, basata su un pensiero di tipo analogico che favorisce il materialismo. 
Ogni volta che apprendeva un avvenimento, fr. Lodovico rifuggiva dalla ricerca di una verità, ammonendo che l’unica Verità è quella del Vangelo. In questo, fr. Lodovico spronava ad essere indefettibili. Il mio arrivo a Chaaria era coinciso con la pubblicazione della nuova versione CEI del Vangelo: ero impressionato dalla sua capacità di individuare le parti sottoposte a modifiche di traduzione, e avevo intuito che egli aveva partecipato, quasi mezzo secolo prima, a lavori di commissioni diocesane istituite proprio per affrontare alcuni dei passi revisionati. Non invitava esplicitamente alla radicalità evangelica, la viveva in modo esemplare. 
Colpivano i suoi inviti alla discrezione, impreziositi dalla connaturata incapacità di parlar male del prossimo, sia delle persone vicine, sia di quelle note solo attraverso le notizie di cronaca, avendo fr. Lodovico comprensione per tutti. Sarebbe stato bello conoscere fr. Lodovico negli anni della vita attiva, nei quali si dice si sia distinto per l’infaticabile operosità, di cui rimaneva traccia nei suoi consigli a seguire l’ideale agostiniano di una vita all’insegna della “dedizione orante”. 
Ricordava i poveri con espressioni di profonda misericordia. E’ bello sapere che ci ha lasciato dopo le tanto attese buone notizie sulla causa di beatificazione di fr. Luigi Bordino, che nominava sempre come esempio di santità.
Caro Beppe, cari Fratelli, il vuoto che fr. Lodovico lascia viene riempito quotidianamente dalla vostra carità verso i poveri della terra in cui Lui ha tanto desiderato rimanere.
A noi volontari che arriviamo da un mondo di clamori, fr. Lodovico lascia l’insegnamento a coltivare nel cuore le cose belle che viviamo a Chaaria, in quel nascondimento tanto caro al Cottolengo e così prezioso per la purificazione dei cuori.

Tuo, e vostro, Antonio (Pierantonio Visentin)

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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