Nel 2007, per la prima volta sono arrivato a Chaaria, intimidito e curioso di cosa avrei trovato.

La cosa che mi colpì molto accadde nei giorni seguenti: gli impegni in ospedale spesso ci impedirono di essere puntuali alla mensa comune; si mangiava attingendo dal carrello ed al termine, mentre ci accingevamo a lavare i piatti,fummo fermati, non ricordo da chi, perché Fr. Lodovico, ormai novantenne voleva essere lui a lavare i piatti dei ritardatari: era la sua terapia occupazionale, disse ed un atto di grande umiltà, secondo me.
Poi mi raccontarono di questo straordinario frate, della sua lunghissima storia in Kenia, come avesse costruito la Missione, ospitato e curato 50 buoni figli,trasformato la savana in campi coltivati, in frutteto, allevato il bestiame, gestito il consultorio.
Mi immagino le enormi difficoltà incontrate nel 1983 a coordinare la costruzione della bellissima e razionale struttura della Missione, gestire gli approvvigionamenti dei materiali, reperire la mano d’opera con la scarsità di mezzi disposizione. Conoscendo la realtà africana attuale, trenta anni fa è stata veramente un’impresa titanica.
Si dice spesso che noi siamo nani che camminano sulle spalle di giganti e per me, senza dubbio, Fr. Lodovico era un gigante ma di quelli grossi. E’ stato come uno di quei maestosi alberi, i baobab, che crescono nella savana , ma con rami particolarmente fertili, perché il Chaaria Mission Hospital è uno dei suoi frutti: non avrebbe potuto nascere senza la lunga storia che lo ha avuto come protagonista, creando un terreno fertile dove poteva attecchire la grande avventura dell’Ospedale di Chaaria.
Negli ultimi anni non ho avuto più contatti con Fr.Lodovico, rispettando il suo desiderio di riservatezza; sapevo tuttavia che era informato di tutto, dispensava suggerimenti e consigli avveduti e saggi ; il corpo non lo sorreggeva, la mente si.
Come sempre quando scompare una persona “importante” non per i titoli che ha, ma per la sua storia e per quello che ha fatto, il dispiacere prevale, ma ragionando serenamente mi sono immaginato un necrologio:
HA SPESO LA SUA VITA A SERVIZIO DEI POVERI E DEGLI ULTIMI.
DOPO LE ESEQUIE RELIGIOSE SARA’ SEPOLTO NELLA TERRA CHE HA AMATO FINO ALL’ULTIMO.
Credo che ognuno di noi vorrebbe per se un epitaffio simile, ma bisogna guadagnarselo e quindi non piangiamolo ma cerchiamo di imitarlo, nel nostro piccolo.
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