mercoledì 1 ottobre 2014

Cisti mediana del collo

Margaret ha 10 anni e presenta una cisti mediana del collo, appena al di sopra della fossa del giugulo. La cisti causa una tumefazione semisferica del volume di una nocciola. E' indolente, coperta da cute normale, non aderente. La cisti inoltre si innalza con la laringe nei
movimenti di deglutizione e si riduce di volume nella flessione attiva del capo.
L'ecografia ha dimostrato che non è parte della tiroide, ma si trova al di sotto di essa.
E' stata una decisione difficile per me quella di operare.
Avrei voluto mandarla altrove, ma i parenti sono poveri e non possono permettersi altri ospedali, tutti più costosi di Chaaria.
Mi sarebbe piaciuto poter aspettare un chirurgo italiano che mi aiutasse e con me dividesse la responsabilità, ma per molti mesi non ci sono chirurghi in vista nell'elenco dei volontari.
Mi sono quindi buttato, ed ho operato... con paura sì, ma anche con tranquillità. Makena davanti a me come secondo operatore è sempre una sicurezza!
 

L'isolamento della cisti è stato laborioso, soprattutto per il fatto che essa era aderente alla giugulare anteriore di destra. Sono però riuscito a non farla scoppiare, a non causare emorragia ed a estrarre la capsula in toto.
Ho posizionato un tubicino di drenaggio per sicurezza, ma la paziente non sanguina affatto.
Naturalmente abbiamo operato in anestesia generale, eseguita magistralmente da Mbabu. Anche il risveglio non ha avuto problemi.
La bambina è in seconda giornata post-operatoria.
Domani toglierò il drenaggio e penso di dimettere la bambina.
Abbiamo mandato la cisti a Nairobi per l'esame istologico, ma pensiamo che non sia maligna.
Crediamo sia una cisti del dotto tireoglosso.
Ringraziamo il Signore per questo nuovo traguardo raggiunto e per un altro tabù superato: da solo infatti non avevo mai toccato una cisti del dotto tireoglosso

Fr Beppe Gaido
 
 

1 commento:

Andrew a Malta ha detto...

Bravo Beppe! Chapeaux bas!


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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