lunedì 6 ottobre 2014

Il nuovo sogno di Sant'Egidio per Chaaria

Coloro che conoscono il nostro ospedale sanno che l’ambulatorio per TBC ed HIV è collocato in un’angusta casetta in legno e lamiera; si tratta di una struttura per altro riciclata, in quanto in passato la stessa costruzione era adibita a mortuario.
I pazienti sono sempre più numerosi e gli ambienti stanno via via diventando stretti e non rispondenti alle esigenze del servizio.
Sempre per il servizio ai malati sieropositivi, il governo del Kenya, in partnership con quello degli USA, ci ha donato un grosso tendone che usiamo per le sessioni di counseling comunitario, per la formazione su argomenti di prevenzione e di educazione alimentare, oltre che come ambiente per i prelievi nei giorni prefissati in cui abbiamo la conta dei CD4 e la carica virale.
Il tendone è comunque anch’esso una soluzione poco soddisfacente che non protegge dalla polvere e che non garantisce la privacy.




Il sogno (D.R.E.A.M.) della comunità di Sant’Egidio è di donarci una struttura in muratura che verrà eretta esattamente dove ora è stato eretto il tendone. Dovrebbe trattarsi di una costruzione a due piani, in cui il piano terra sarà completamente adibito ad ambulatori, mentre il piano superiore diventerà il nuovo laboratorio centralizzato dell’ospedale. 
Sarà comunque un laboratorio attrezzato anche per la biologia molecolare, cosa a cui Sant’Egidio tiene moltissimo.
La raccolta fondi per la nuova struttura sarò condivisa tra Sant’Egidio (D.R.E.A.M.), l’ufficio donazioni della Piccola Casa e la Associazione Volontari Mission Cottolengo.
Noi non possiamo che rendere grazie alla Divina Provvidenza per l’attenzione continua che riserva a Chaaria tramite la generosità di tanti benefattori.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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