lunedì 17 novembre 2014

Passata da Chaaria come una meteora

Ntinyari è arrivata a Chaaria ieri mattina, portata a spalle dalla mamma.
Ha 11 anni di età, ma in faccia ne dimostra settanta.
La faccio sdraiare su una barella, ma, quando è in posizione orizzontale, la bambina non riesce proprio a respiare.
Dobbiamo celermente tirar su la testiera del lettino per permetterle di non soffocare davanti a noi.
Adesso ntinyari respira, seppur con fatica, e la posso quindi visitare con più calma. Ha la faccia gonfia come una luna piena; sul collo si apprezzano le giugulari stremamente turgide. Ha un addome globoso come se fosse incinta di almeno otto mesi. Le gambe sono edematose e trasudano goccioline d’acqua.
La pressione arterisa è bassa ed appena percettibile, con la massima al di sotto dei 100 mmHg.
La cute è fredda e tappezzata da una gelida rugiada di sudore.
Le metto un fonendo sul torace e sento un soffio cardiaco rude, mentre i toni sono lontani ed appena percettibili.



L’ECG e l’ecocardio sono un disastro: ha un cuore enorme e praticamente fermo. Ci sono problemi alla mitrale che è stroppo stetta e tutta calcifica.
Inoltre c’è acqua sia attorno al cuore che ai polmoni.
La situazione addominale non è certo migliore: Ntinyari è piena di fluido anche nella pancia, ed ha un fegatone enorme.
Gli esami del sangue e l’eco escludono invece un interessamento renale.
La bimba è dunque agonizzante per scompenso cardiaco... il suo problema è il cuore!
Le faccio preparare un letto speciale (uno di quelli a cui possiamo tirare su la testiera); le prescrivo tutte le terapie a nostra disposizione per lo scompenso cardiaco, e poi le faccio gli elettroliti urgenti: Il risultato del laboratorio complica ulteriormente il quadro clinico; la paziente ha infatti il potassio altissimo, a livelli pericolosi per la vita.
Per tentare di salvarla a tutti i costi, mi affido allora sia ai diuretici che al destrosio con insulina.
Ho davvero poche speranze di farcela, ma voglio crederci ancora.
Lascio la bambina alle cure delle infermiere e vado in sala operatoria dove mi aspettano per due cesarei.
Mi dedico a queste due emergenze ostetriche e quasi mi dimentico di lei mentre sto operando.
Uscito dal secondo cesareo però, la prima persona che mi trovo davanti in cortile è sua madre in lacrime.
Non mi dice niente e continua a singhiozzare.
Anche io non ho il coraggio di avvicinarla e mi dirigo invece con passo veloce verso il reparto donne per sincerarmi dell’accaduto: vedo le infermiere che già stanno portando via il cadavere di quella povera bambina, che è arrivata a Chaaria troppo tardi e solo per morirci.
Sono triste e non ho la forza di parlare con la sua mamma: spero che per me lo faccia la clinical officer.
Anche Ntinyari fa ora parte di quelle tante meteore che passano da Chaaria; rimangono in un letto per pochissime ore e poi ci sfuggono dalle mani per volare in Paradiso, nonostante tutti i nostri sforzi per trattenerle qui con noi un po’ di più.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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