venerdì 14 novembre 2014

Tradizione e prevenzione


Come normalmente accade dopo l’esame di maturità, anche quest’anno è iniziata la grande stagione delle circoncisioni maschili, e, come al solito, il nostro ospedale è in prima linea per offrire tale pratica tradizionale in modo asettico e professionalmente corretto... ed a prezzi veramente bassi.
Già da molti anni abbiamo deciso di dare il nostro contributo in tale momento rituale della vita degli adolescenti, soprattutto a scopo preventivo: dell’HIV prima di tutto ma anche delle epatiti virali. 
La circoncisione maschile tradizionale è infatti ancora gravata da una certa incidenza di infezione da HIV e da virus delle epatiti B e C, a motivo dell’uso di strumenti non sterili. 
Oltre a queste complicazioni di eziologia virale, la pratica tradizionale è gravata anche da infezioni batteriche post-operatorie (con pus e deiscenze della ferita), e di emorragie (a volte tanto gravi da richiedere trasfusione e reintervento di legatura del vaso sanguinante).


Senza cambiare il significato tradizionale del rito, la circoncisione maschile effettuata in ospedale come procedura chirurgica evita completamente il rischio di contagio da HIV ed epatite, mentre minimizza quello delle altre complicanze sopra citate.
Inoltre, offrendo ai giovani un ricovero di 5 giorni dopo la circoncisione, abbiamo la possibilità di offrire loro momenti di “counseling” e formazione sia su importanti temi riguardanti la vita adulta (fedeltà coniugale, sesso responsabile ed espressione di amore e fedeltà nel matrimonio, laboriosità, onestà, ecc) e sia su problematiche più specificamente legate alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse.
Con il nostro servizio ci inseriamo quindi nella grande tradizione bantu che vuole i ragazzi circoncisi come atto di iniziazione alla vita adulta; nello stesso tempo pensiamo di fare anche qualcosa di buono sia nel campo della formazione dei giovani e sia in quello prettamente preventivo.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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