venerdì 2 gennaio 2015

La mia nuova collaboratrice

Con la partenza di Mama Sharon per la sua nuova avventura scolastica, si è reso necessario identificare una persona che mi aiuti in varie mansioni che devo espletare al di fuori della sala operatoria.
Insieme a Fr Giancarlo, abbiamo pensato ad Hella, che da oggi ha lasciato l'ufficio di amministrazione ed è venuta a lavorare in rooom 17 ed in gastroscopia.
Come già Mama Sharon, lei sarà per me la mediatrice culturale quando il mio kimeru si dimostrerà insufficiente, la mia segretaria per la battitura a computer dei rapporti ecografici e per le dimissioni dei pazienti chirurgici. 
Mi coadiuverà inoltre nella stesura di tutti i documenti necessari al mio lavoro (lettere di trasferimento in altri ospedali, modulistica per biopsie ed esami citologici, ecc).
Inoltre già da oggi Hella si è presa carico dell'ambulatorio di gastro-colonscopia dove sarà sia la mia assistente nell'esecuzione dei test, e sia la responsabile della pulizia e della sterilizzazione degli strumenti.
Hella non farà parte del personale di sala operatoria, e, quando noi staremo operando, si dedicherà alla compilazione dei vari registri e database per l'archivio dell'ospedale e per i rapporti che dobbiamo presentare alle autorità sanitarie mensilmente.
Collaborerà anche nel lavoro della cassa in ambulatorio.
Hella sarà anche a disposizione dei volontari italiani quando avranno bisogno di una traduttrice nella visita dei pazienti ambulatoriali.
Credo che mi potrà assistere molto anche nella preparazione delle lezioni del mercoledì.


Mentre saluto Mama Sharon e le auguro buona fortuna nella scuola che sta per iniziare, con gioia accolgo la collaborazione di Hella con cui ho una bella amicizia che dura da anni... cosa che aiuterà non poco il nostro lavoro insieme.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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