sabato 3 gennaio 2015

Il nostro punto di osservazione

A volte qualcuno mi chiede di scrivere delle cose più positive sul nostro servizio, e lamente che quasi in noi ci sia un interesse morboso per ciò che è patologico o estremamente negativo.
In realtà, io penso che il nostro raccontare storie talvolta tristi non sia una insistenza eccessiva su ciò che non va, nè tantomeno una forzatura della realtà.
Piuttosto è l’angolo visuale da cui io, medico missionario a Chaaria da tanti anni,  scruto la vita e ci medito su.
E’ chiaro che un ospedale è un ottimo osservatorio, ma in sè porta ad un modo di vedere un po’ particolare.
Chi è sano infatti, non viene da noi, e siccome a Chaaria si lavora più di 12 ore al giorno, sarà difficile per noi avere rapporti particolari con gente spensierata e senza problemi di salute. Noi spendiamo davvero tutta la nostra giornata con ammalati e feriti.
All’inizio anche io ho fatto lo sbaglio di pensare che nei dintorni di Chaaria fossero tutti troppo malati... oggi mi rendo conto che mi sbagliavo.
Tantissima gente sta bene. Solo che io ho un incontro quotidiano sempre e solo con chi la salute l’ha perduta.
Gli altri non li conosco neppure, perchè non hanno bisogno dei nostri servizi.
Lo stesso discorso si può applicare al fattore economico: è evidente che anche qui c’è gente che può permettersi un intervento cardiochirurgico o una dialisi per insufficienza renale...ma e’ altrettanto chiaro che chi è così stabile economicamente, cercherà spesso un ospedale migliore di Chaaria dove a volte dobbiamo ancora mettere due pazienti per letto.


Ecco quindi che saranno le persone con difficoltà finanziarie ad afferire a noi... ed ecco spiegato il fatto che quasi sempre vi racconto di persone che non hanno soldi per curarsi, che non possono andare al Kenyatta per la chemioterapia e per la radioterapia, o che non potranno permettersi la dialisi.
Certamente, se noi avessimo come vocazione quella di occuparci dei giovani, o di creare offerte di lavoro, incontreremmo gente in salute, con tanta voglia di costruirsi un futuro migliore. Invece, come anche oggi e’ successo, ci vengono portati dei disperati che si sono azzuffati e si sono scambiati coltellate; ci cercano coloro che hanno un tumore e non sanno dove sbattere la testa; si rivolgono a noi quelli che hanno bisogno di un intervento che non possono permettersi in un altro ospedale perche piu’ costoso del nostro.
Credo che si tratti semplicemente di un particolare punto di osservazione che necessariamente si focalizza su una fascia di popolazione particolarmente disagiata o sfortunata, perchè è a questa fascia che noi ci rivolgiamo primariamente.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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