domenica 25 gennaio 2015

Passeggiata alle cascate

Camminiamo da un po’ sotto il sole cocente e la nostra camminata continua a portarci più lontano: raggiungiamo il centro di Mbajone dove, insieme ad alcune case di pietra della gente più prominente e le molte baracche di legno delle famiglie semplici, possiamo osservare la scuola elementare governativa, e la chiesetta in muratura. La gente ci guarda stupita. Molti ci urlano dietro, quasi prendendoci in giro: “Wazungu, dove avete lasciato l’automobile?”. “Allora anche i bianchi sanno camminare!”. Io preferisco non rispondere alle provocazioni, mentre i volontari sono del tutto rilassati e rispondono a queste urlate con un sorriso, interpretandole come dei normali saluti della gente.



Il sentiero si dirige oltre il villaggio ed entriamo in un campo di granoturco. Pian piano si comincia a sentire lo scroscio dell’acqua che si fa sempre più intenso. Arriviamo al torrente e lo costeggiamo stando direttamente sulle rocce vulcaniche che ne costituiscono il letto. Camminiamo lungo l’acqua per alcune centinaia di metri finche ci appare davanti la cascata. E’ maestosa, ma è molto pericoloso guardare da quella posizione. Siamo infatti al di sopra della cascata. Ci sediamo alcuni minuti a pochi centimetri dell’acqua che ci scroscia davanti e si butta in quel salto di almeno 30 metri. Rimane ancora l’ultimo sforzo: attraversare un boschetto di banane e arbusti tropicali che scende molto ripido fino al bacino d’acqua sotto la cascata. Qualcuno ha paura dei serpenti; altri temono di cadere, ma io insisto perchè lo spettacolo da sotto è davvero maestoso. Ci avviamo pian piano: qualcuno cade e sbatte il sedere concludendo la discesa a mo’ di slittino. Altri scendono ad una velocità propria di un anziano di 70 anni… ma alla fine ci arriviamo. La maestosa cascata è lì davanti a noi. L’acqua è bianca e schiumosa, e si butta in un bacino d’acqua circondato da vegetazione rigogliosa: sembra una scena da film: i colori sono fortissimi; moltissimi gli uccelli, soprattutto piccoli colibri di color granata. Facciamo qualche foto e ci sediamo a contemplare, ma il tempo è tiranno. Sono già le 18 e bisogna tornare, se non vogliamo essere sorpresi dalla notte che è ormai alle porte.

Fr Beppe




Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....