giovedì 5 febbraio 2015

L'unità di fototerapia

In questo periodo il nostro nido è sovraffollato di bimbi pretermine. Abbiamo cinque incubatrici occupate.
Spesso i bambini molto prematuri, soprattutto quando nati con peso corporeo inferiore ad 1 Kg, possono sviluppare gravi forme di ittero neonatale che può causare complicazioni molto serie, come il kernicterus e quindi la morte.
L'ittero neonatale è stato sempre molto difficile da controllare e da curare per noi, quando non avevamo possibiltà di fototerapia e dovevamo affidarci all'esposizione dei piccoli alla luce solare.
Ora però abbiamo una sorgente di luce ultravioletta annessa a ciascuna incubatrice acquistata per la nuova maternità.
Anche se il nuovo dipartimento non è ancora stato aperto, visto il grande affollamento di bimbi prematuri nel nostro nido, abbiamo
comunque messo in uso una delle nuove incubatrici.
Con la fototerapia il nostro piccolo di 900 grammi è migliorato moltissimo.
La sua bilirubina è già scesa da 15 a 5. Domani forse sospenderemo la terapia radiante. Il bimbo ha voglia di vivere e si nutre voracemente di latte che la mamma si spreme con il tiralatte e gli somministra con una siringa.


Anche questo è un nuovo passo avanti per Chaaria; un'altra delle tante novità terapeutiche che lentamente ma costantemente cerchiamo di mettere in atto.
Personalmente confesso di essere molto povero nelle conoscenze di neonatologia, ma la Dottoressa Khadija è molto preparata in questo settore e sa come seguire i nati pretermine, sia dal punto di vista della terapia, e sia da quello della nutrizione ed idratazione.
Ringrazio i benefattori che ci hanno donato le incubatrici con annessa fototerapia; sono molto riconoscente anche alla dottoressa Khadija che segue con competenza quest'area della medicina che mi è un po' ostica.

Fr. Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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