mercoledì 11 febbraio 2015

Nkirote

Oggi è venuta all’ospedale per un attacco di malaria. Non la vedevo da molto tempo e mi ha fatto molto piacere incontrarla di nuovo.
“Quanto tempo è passato! Come te la passi?”
Nkirote è sorridente come sempre e mi dice che va tutto bene e che non ha problemi.
“Come va con la tua famiglia? Tutto bene con tuo marito?”
“Purtroppo sono sola da parecchio tempo. Mio marito se ne è andato e non so neppure dove sia”.
“Come te la passi? Come sopravvivi? Vivi ancora in quella capanna dove ti avevo riaccompagnata dopo il ricovero in ospedale?”
“Sì, la casa è ancora quella, ma ora ho affittato un piccolo chioschetto qui a Chaaria, non lontano dall’ospedale: vendo cibo, bibite e poche altre cose soprattutto ai tuoi pazienti ambulatoriali ed ai loro parenti. La gente viene abbastanza e non ho davvero nulla di cui lamentarmi perchè ho cibo a sufficienza.”
Nkirote è vestita abbastanza male e pure questo mi dice che non deve navigare nell’oro. Certamente per lei mettere qualcosa sul tavolo tutti i giorni non deve essere per niente facile. Ma quello che mi commuove è che Nkirote sorride sempre e dice di non aver problemi... è sempre stata così, sin da quando la conobbi la prima volta.
L’avevo seguita molti anni fa per un problema di infertilità.



Aveva provato per molti anni ad aver un bambino e non ci era mai riuscita. Poi ad un certo punto, quando ormai non ci sperava più, aveva scoperto di essere incinta. Era entusiasta con me perchè ero riuscito a darle quel figlio che tanto agognava. La sua gioia era però durata pochissimo perchè un paio di mesi più tardi sviluppò dolori addominali gravissimi e ci accorgemmo che si trattava di una gravidanza extrauterina.
Era stato un altro colpo terribile per lei che cercava di uscire da quella situazione di ostracismo sociale che qui la sterilità porta con sè.
Era stato durissimo per meconsigliarle l’intervento chirurgico, ma lei era una donna fortissima e quasi fu lei ad incoraggiare me in quel difficile colloquio.
L’avevo poi operata, ma da allora non era mai più riuscita ad avere un bambino.
Ricordo che l’avevo accompagnata a casa alla dimissione: era una poverissima capanna di paglia e fango, di cui però lei era molto orgogliosa. Per lei era una reggia, a cui mancava solo lo schiamazzare dei bambini.
Più ancora che la casa, quel giorno mia aveva sconvolto il marito; mi era sembrato un essere piuttosto repellente: sporco, burbero, stracciato... e soprattutto terribilmente ubriaco alle 2 del pomeriggio.
Quello che avevo visto in quella magione, povera economicamente ma forse ancor più povera di affetti,mi aveva convinto che dovevo aiutare Nkirote quanto più mi fosse stato possibile.
Per un certo periodo le avevo quindi offerto un lavoro nella missione. Nkirote sembrava contenta di lavorare nel nostro campo e di guadagnare dei soldini, ma poi il marito ha cominciato a dare problemi perchè lui a casa non aveva nessuno che si prendesse cura del campicello, delle galline e della capra... e soprattutto non aveva chi per lui cucinasse il pranzo.
Nkirote aveva ceduto alle sue pressioni, riuscendo ancora a mantenere il sorriso sulle labbra, e si era accommiatata da me dicendomi che per lei era più importante salvare il suo matrimonio che avere un lavoro da divorziata.
Era tornata a casa, e da allora avevo perso i contatti.
Solo oggi sono venuto a sapere che poi quell’uomo che le aveva fatto perdere il lavoro, aveva poi anche trovato il coraggio di ripudiarla per il semplice fatto che lei non poteva dagli un figlio...purtroppo questa cosa capita spessissimo, ma quello che rende Nkirote una donna davvero speciale è che lei non è caduta nella disperazione. Non si è arresa. Ha deciso di non disturbarmi nuovamente ed ha fatto piccoli lavori qua e là per riuscire a continuare la sua vita, mangiando il pane guadagnato con il sudore della sua fronte.
Adesso ha un negozietto che lei tiene aperto dal mattino alle 6 alla sera alle 21, per poter catturare il numero massimo di clienti e raccimolare qualche scellino in più.
La cosa più impressionante è comunque il suo sorriso, il fatto che nella sua disgrazia e nella sua povertà, lei è serena e sempre contenta.
E’ per me un esempio di coraggio e di forza, una donna forte che ha accettato la sua condizione e vuole andare avanti a testa alta, senza accusare nessuno di quello che le è capitato, senza prendersela con Dio e senza cadere nella depressione.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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