sabato 7 febbraio 2015

Un articolo medico

La rivista medica "East African Medical Journal" ha accettato un nostro articolo che discute il difficile caso clinico di un ragazzo ricoverato a Chaaria con sospetto di tubercolosi vertebrale che poi è risultata essere un rarissimo tumore maligno del mediastino.
Abbiamo organizzato il nostro scritto come "case report", con lo scopo soprattutto di aiutare altri medici a non incorrere negli stessi errori diagnostici che abbiamo fatto noi.
E' stato un lavoro fatto in collaborazione con il Dr Carlo Lanza, mio carissimo amico, che da Ginevra ha corretto ed organizzato il materiale che io gli inviavo da Chaaria.
Lo scritto apparirà nel numero di gennaio 2015.
Il fatto che il nostro articolo sia stato accettato ci incoraggia a continuare con impegno anche nel lavoro di ricerca e di pubblicazione dei nostri casi clinici a Chaaria.
Abbiamo tantissimi dati che rischiano di andare perduti e di non servire a nessuno.
Se però riusciamo a scrivere ed a documentare i nostri casi più difficili, le nostre osservazioni cliniche, l'incidenza di certe patologie, allora la mole dei nostri dati clinici può diventare patrimonio di molti altri.


Al momento stiamo lavorando su altri due fronti: stiamo preparando un caso clinico circa un addome acuto pediatrico causato da malrotazione intestinale.
Abbiamo inoltre iniziato la raccolta dei dati per uno studio retrospettivo sulle fratture causate a Chaaria nella popolazione pediatrica dalla "mango season", quando i bambini si arrampicano sugli alberi per raccogliere i frutti e spesso cascano rovinosamente.
La pubblicazione di articoli da una parte ci serve per la raccolta dei punti ECM, obbligatori anche in Kenya, e dall'altra ci obbliga a studiare e tenerci aggiornati, ed in ultima analisi aiuta anche inostri pazienti.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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