giovedì 26 marzo 2015

Partono domani

E’ stato un periodo assolutamente intenso in cui abbiamo lavorato tantissimo insieme ai sei volontari italiani presenti a Chaaria.
I genitori Gavello sono stati impegnati dal mattino alla sera nel servizio incondizionato ai Buoni Figli; Pietro, Giorgia, Federica e Marta sono stati sempre in sala operatoria per far fronte al numero grandissimo di malati e per portare a termine operazioni sempre più lunghe e complesse.
E’ stato un team di grande efficienza lavorativa che ci ha permesso di servire tante persone che altrimenti non avrebbero potuto avere una risposta ai loro problemi di salute. Grazie a loro abbiamo realizzato importanti collaborazioni con il Dr Nyaga e con l’ospedale di Meru.
Nel cuore sentiamo gioia e soddisfazione per quanto abbiamo fatto (130 interventi chirurgici in tre settimane, sempre divisi in due sale operatorie attive contemporaneamente), anche se le nostre membra sono effettivamente un po’ stanche dopo una maratona chirurgica durata per tre settimane.



A tutti diciamo il nostro grazie, anche a nome dei malati...soprattutto a nome di coloro a cui effettivamente è stata salvata la vita: non posso non pensare alla splenectomia eseguita in paziente con 3 grammi di emoglobina e con milza che arrivava in fossa iliaca sinistra; come dimenticare i vari addomi acuti, gli interventi oncologici e... le tiroidectomie. 
E’ stato effettivamente un periodo intensivo di tiroidectomie: praticamente ne abbiamo fatta una al giorno. Ciò ha aiutato moltissimi pazienti che non si sarebbero potuto permettere l’intervento altrove, ed ha anche permesso al sottoscritto un training non indifferente nella nuova tecnica chirurgica.
Prometto con umiltà la mia povera preghiera per i volontari che domani ci lasciano per tornare alle loro famiglie.


Fr Beppe


1 commento:

Unknown ha detto...

A tutti, di cuore, il nostro Deo gratias per quello che fate e per quello che siete!


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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