giovedì 9 aprile 2015

Anjeline

Era stata ricoverata pochi giorni fa. Sembrava uno scompenso cardiaco in giovane età. Infatti Anjeline aveva appena 18 anni... ma purtroppo per noi questa è l'età in cui i cuori sconquassati sin dall'infanzia dalla malattia reumatica, giungono sovente al capolinea.

C'era un soffiaccio all'auscultazione cardiaca, ed una ischemia all'ECG.
L'abbiamo ricoverata per terapia antiscompenso e per un ecocardiogramma che ci avrebbe permesso di prendere visione dello stato delle valvole.
Ma poche ore dopo il ricovero si è verificato un fatto nuovo: una distensione addominale crescente che le causava anche dispnea.
Da una parte ho pensato ad una ascite da scompenso di cuore, ma dall'altra temevo un problema chirurgico (una peritonite forse da perforazione intestinale tifoide).
Con grosse difficoltà causate dalle condizioni generali della malata l'abbiamo sottoposta prima ad ecocardio, che ha confermato una stenosi mitralica importante con calcificazioni valvolari, ma ha anche documentato una frazione di eiezione ancora nei limiti di norma.
Anjeline era quindi effettivamente una cardiopatica, ma sicuramente la distensione addominale doveva riconoscere una causa diversa: ho portato dunque la sonda sulla pancia, e mi sono trovato davanti un'immagine che non avrei potuto immaginare neppure lontanamente: Anjeline aveva una massa epatica che occupava l'intero lobo destro.


Avendone viste così tante, di dubbi ne avevo proprio pochissimi: lo sapevo che si trattava di carcinoma epatocellulare di dimensioni veramente eccezionali (più di 20 cm di diametro).
L'ascite c'era. Ho fatto una puntura esplorativa che mi serviva soprattutto per testare se si trattasse di un liquido con contaminazione fecaloide (nella mia testa l'ipotesi del tifo non era
del tutto da escludere). Ho invece trovato, con paracentesi ecoguidata, del liquido ascitico francamente ematico.
Si trattava evidentemente di una carcinosi peritoneale da epatoma. Anjeline aveva 5 grammi di emoglobina. L'abbiamo trasfusa, ma è morta davanti ai suoi genitori che oggi erano venuti, e le avevano portato qualcosa di buono da mangiare.
E' stato un delirio, perchè Anjeline ha avuto un momento di agitazione psicomotoria; si è buttata giù dal letto, ed è mancata mentre la tiravamo su, davanti agli occhi sgranati di papà e mamma.
Lo sapevamo che l'epatoma l'avrebbe uccisa, ma avevamo avuto la speranza che ci volesse un po' più di tempo, in modo da poter
preparare la sua famiglia. Invece tutto è precipitato in poche ore.
Perchè un carcinoma epatocellulare a 18 anni?
E' difficile dirlo, ma mi pare di poter abbozzare qualche teoria.
Quando sono venuto a Chaaria ho ancora visto l'uso di siringhe di vetro con ago che venivano ribollite di volta in volta. Anche tutte le vaccinazioni venivano eseguite con gli stessi strumenti. Se quindi un ago non veniva sterilizzato a dovere, i bambini avevano altissime probabilità di essere infettati con il virus dell'epatite B o con il virus C.
18-20 anni sono a volte sufficienti per lo sviluppo di una cirrosi o di un carcinoma su epatite cronica attiva.
Altra ipotesi riguarda il livello di aflatossina (un tossico prodotto da un fungo che attacca gravemente il fegato) da cui pare siano infestati a volte i raccolti di granoturco e di arachidi. Se questi alimenti non vengono cotti a dovere, possono, con il tempo, costituire uno stimolo cancerogeno significativo.
Comunque sia, anche Anjeline è andata in Paradiso a 18 anni, senza neppure aver avuto il tempo sposarsi e di concepire un bambino... anche se questo era il sogno della sua vita.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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