mercoledì 15 aprile 2015

Teresa

Erano le 18.30 di ieri sera quando Sr Anselmina ce l'ha portata da Nkabune.
Le sue condizioni generali erano gravissime. Teresa era prostratissima e respirava appena. La cute era fredda ed appariva in condizioni estreme di disidratazione: gli occhi erano terribilmente infossati nelle piccole orbite e la fontanella anteriore era risucchiata all'interno.
La Suora ci ha detto che al mattino si era nutrita bene e che solo dopo colazione aveva iniziato a vomitare.
Ci è sembrata subito un'emergenza e ci siamo fatti in quattro, prima di tutto per trovare un accesso per somministrare liquidi: ma le vene erano tutte collassate.
Abbiamo alla fine incannulato la giugulare esterna, ma Teresa ci ha lasciati in appena 20 minuti. Non ci spieghiamo come abbia potuto andarsene così in fretta!
Teresa aveva 6 mesi di età ed era orfana.
Io ne conoscevo la storia, ma per motivi legati a certi documenti che Sr Anselmina ancora stava cercando di ottenere, non ho mai potuto ricoverarla con i nostri orfanelli di Chaaria. La Suora sempre mi diceva: "la tengo io a Nkabune finchè ottengo tutti gli incartamenti necessari... poi te la porto a Chaaria".
In varie occasioni, nei mesi scorsi, abbiamo visitato Teresa come paziente ambulatoriale, ed abbiamo anche dato a Sr Anselmina dei supplementi alimentari ipercalorici, in quanto la piccola mangiava bene ma non cresceva.


Adesso è morta.
Probabilmente aveva qualche altra malattia che ci è sfuggita... ma è troppo tardi pensarci adesso.
Mi spiace molto che Teresa sia già in Paradiso ed un po' mi rammarico anche che non sia stata con noi qui a Chaaria. Non dico con questo che non sarebbe morta se fosse stata qui, ma ci avrebbe fatto piacere averla con noi invece di vederla solo qualche volta in ambulatorio.
Non sappiamo ancora se sarà sepolta a Chaaria o a Nkabune. Aspettiamo la decisione di Sr Anselmina e dei parenti della bambina.
Preghiamo per questo angioletto.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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