venerdì 29 maggio 2015

La medicina tradizionale

C’è un bambino con un fagiolo infilato in una narice.
Sempre mi chiedo perchè i bambini amano infilarsi delle cose nel naso e nelle orecchie.
In questo caso il  fagiolo è molto su ed io non riesco ad arpionarlo con  il solito strumento a cucchiaio che impieghiamo a questo scopo.
Dico alla nonna che è opportuno  addormentare il bambino, intubarlo per proteggergli le vie aeree e poi spingere il fagiolo nello stomaco usando un sondino nasogastrico: può sembrare una missura eccessiva, ma senza intubare il bambino il rischio di spingere il legume in trachea è tutt’altro che remoto (onestamente mi è già successo in passato).
Lei però ha paura dell’anestesia e mi chiede di poter provare a modo suo: naturalmente non ho obiezioni anche se in cuor mio penso che certo non ce l’avrebbe mai fatta, visto che io, il dottore, avevo fallito.
Come molte vecchiette della zona, l’anziana signora sniffa tabacco che gelosamente tiene in una tabacchiera fatta di foglie secche di banana.
La vedo afferrare un paio di “prese” di tabacco ed infilarle nelle narici del bimbo, invitandolo caldamente a inspirare con forza.
Il poveretto obbedisce ed immediatamente accusa una tremenda crisi di sternuti a repetizione... forse più di venti.



Con mia sorpresa comunque gli sternuti portano giù il fagiolo che ad un certo punto diventa visibile attraverso la narice: ora toglierlo con il mio strumento è un gioco da ragazzi.
La nonna con il suo tabacco è riuscita ad evitare al nipote una anestesia generale...un altro successo della medicina tradizionale.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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