sabato 22 agosto 2015

Casi davvero strani

Oggi pomeriggio l'ultimo intervento segnato sulla lista operatoria era una toeletta chirurgica di una ferita infetta della coscia sinistra, molto vicino all’inguine.
Dalla storia clinica sapevamo che il paziente se l'era fatta cadendo da un albero, su cui stava raccogliendo la miraa (la droga leggera che qui usano in tanti, e che molti coltivano e vendono).
Abbiamo pensato che la ferita fosse stata causata da un ramo che avesse lacerato i tessuti, o da una pietra su cui l'uomo avrebbe potuto cadere. L'infezione ci sembrava spiegabile con il fatto che si trattava di una ferita sporca e piena di terra. Ci è parso che l’uomo fosse stato molto fortunato in quanto la lesione era davvero in prossimità dell’arteria femorale.
Abbiamo chiesto all’operando quando fosse accaduto l'incidente, e lui ci ha detto che esso risaliva  a venti giorni prima: ci è parso strano che la ferita fosse ancora aperta e così piena di pus, nonostante il prolungato uso di antibiotici.
Mentre cercavamo di ripulire al massimo la lesione, abbiamo però palpato qualcosa di duro in profondità, appena sotto le ossa del pube e praticamente dentro quella che in anatomia chiamiamo la lacuna dei vasi.
In un primo momento abbiamo pensato ad un pezzo d’osso fratturato, ma l’ipotesi non pareva sostenibile in quanto il paziente era in grado di camminare e non lamentava un dolore estremo.
Usando pinze chirurgiche, siamo poi riusciti ad afferrare quell’oggetto misterioso ed a tirarlo fuori: siamo rimasti senza parole quando abbiamo appurato che si trattava di un grosso pezzo di legno.

Evidentemente, cadendo dall’albero, un ramo era penetrato nella coscia  e l’uomo non se n’era accorto: sicuramente lui aveva sentito solo tanto dolore. Il ramo era entrato così profondamente che non era stato visto da tutti i colleghi che si erano occupati delle medicazioni precedentemente.
Le dimensioni del corpo estraneo che abbiamo estratto oggi sono davvero eccezionali, ed, a parte la freccia nel torace che Salvo aveva estratto alcuni anni fa, ci pare il più grande nella storia di Chaaria.
Oltre al pezzo principale, abbiamo poi dovuto occuparci di estrarre anche molti frammenti, ma ci pare che ora quel cratere sia pulito e che pian piano potrà rimarginarsi: con il dito esploratore arrivavamo tranquillamente a toccare il pube...davvero quell’uomo è stato fortunato se pensiamo alla vicinanza di arteria, vena e nervo femorali.
Certo che a Chaaria di cose strane ne capitano tutti i giorni!


Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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