giovedì 10 settembre 2015

Guarirà

Evans si è mosicato la lingua accidentalmente cadendo a terra; un taglio profondo e abbondantemente sanguinolento, come spesso accade sulla lingua.
Siccome Evans è ancora piccolo e non può sopportare un'anestesia locale, lo addormentiamo con ketamina e facciamo una buona sutura: l'emorragia sembra essersi fermata, e tutti sono contenti.
La giornata continua convulsa come sempre, e ci dimentichiamo di Evans.
L'indomani mattina però la nonna chiama di nuovo: il piccolo è infatti un orfano e non ha la fortuna di avere la mamma ricoverata con lui in pediatria!
Mi fa vedere la bocca del bambino, ed io rimango sconvolto da quello che vedo: un coagulone enorme gli riempie totalmente la bocca, mentre rivoli di sague scorrono ai due lati delle labbra.
"Che strano! Avevamo suturato con attenzione!"
Addormentiamo nuovamente il bimbo e notiamo che i punti sono in sede, ma dai buchi causati dall'ago fuoriesce un gemizio continuo di sangue.
"Come sono le piastrine?"
"Sono normali, ed anche l'INR è basso: il bambino non pare scoagulato".
Cuciamo di nuovo, cercando di stringere di più i punti di sutura.


Nuovamente l'emorragia sembra arrestata definitivamente.
Nel frattempo l'emoglobina scende al vertiginoso livello di 2.8 grammi. Fortunatamente abbiamo un po' di sangue in emoteca, e trafondiamo.
Dopo la prima trasfusione otteniamo un'emoglobina di 3.5 grammi, e quindi decidiamo di ripetere la trasfusione anche l'indomani.
Prescriviamo anche farmaci procoagulanti e facciamo al piccolo paziente un carico di vitamina K, per aiutare i processi coagulativi.
Stasera però la sua bocca è nuovamente piena di un coagulone grosso e nero, e di nuovo esce sul cuscino sangue rosso misto a saliva.
"Si deve trattare di una patologia della coagulazione che non riusciamo a diagnosticare...forse emofilia o quacos'altro. Ho parlato con la nonna e lei mi ha detto che non ha soldi per andare da un ematologo a Nairobi. Per altro anche il sangue in emoteca è ora finito e non so come faremo domani se l'emoglobina sarà ancora più bassa di oggi".
La nonna, che da un po' mi spia, mentre mi agito attorno a letto del piccolo e controllo il flusso della trasfusione, all'improvviso mi chiede in kimeru: "guarirà?"
Io mi sento come smascherato e la guardo per un po' in silenzio; poi le rispondo con onestà, nel mio povero Kimeru: "solo Dio lo sa!"

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....