giovedì 1 ottobre 2015

Stuprata a 10 anni di età

E’ stata spogliata e suprata al tramonto.
L’hanno semplicemente spinta in un prato protetto da alcuni cespugli.
Le hanno fatto quello che volevano, e nessuno ha avuto il coraggio di soccorrerla.
L’hanno poi lasciata li’ sanguinante e mezza nuda.
E’ ritornata a casa da sola, con la sua umiliazione in parte coperta dalla notte incipiente. E’ stata la mamma a portarla in ospedale verso le 21. Ho visitato la piccola paziente e mi sono reso conto che le hanno fatto veramente del male; l’hanno davvero violata... e non so darmene pace in quanto davanti a me vedo una bambinetta, e non una donna fatta.
La bimba si chiama Mercy ed ha 10 anni.
Oggi non sta male. Mi parla ed e’ molto tenera verso di me.
Questa mattina ha dovuto subire un altro trauma in quanto suo papà è venuto con due giovani da lui accusati del misfatto. Il genitore ha detto alla bimba di dirgli se riconosceva l’aggressore.
Mercy, senza la minima esitazione, lo ha indicato puntando il dito e mettendosi a piangere. Appena vista la scena, il padre si e’ scaraventato sull’adolescente ed ha cominciato a picchiarlo nel corridoio dell’ospedale. Con fatica lo abbiamo calmato. Mi ha chiesto di lasciare a lui il compito di portare il malfattore alla polizia. Io ho chiesto del tempo per fare tutte le analisi all’accusato... che fortunatamente e’ risultato pulito: nessuna malattia infettiva.


Nel frattempo però alcune infermiere mi hanno chiamato e mi hanno consigliato di non consegnare il giovane al padre di Mercy, perchè fuori dal cancello dell’ospedale già c’era una folla di più di 30 uomini, e, da quanto avevano origliato, si stava preparando la giustizia popolare con il modo solito: incaprettare e bruciare vivo il giovane.
Ho quindi preso con me quel ragazzotto e l’ho portato alla polizia, passando dal bananeto.
Ora lui e’ in prigione, mentre Mercy e’ stata dimessa.
Mentre tornavo in ospedale ripassando dal bananeto non riuscivo a togliermi dalla testa questo ragazzotto che si è comportato come un animale (con rispetto parlando degli animali che sovente sono meglio di noi), e, non so perchè, mi veniva continuamente alla memoria la frase di Primo Levi che poi è diventata il titolo del suo tremendo diario di prigionia: "Se questo è un uomo"...

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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