mercoledì 30 settembre 2015

Tempo di semina

Tra non molti giorni dovrebbero iniziare le grandi piogge.
Il cielo è limpido; il sole torrido e splendente, ma spesso si alza un forte vento. La gente dice che sono i monsoni dell'Oceano Indiano che si sentono anche qui e che portano la pioggia.
Il nostro Tarcisio, scrutando il cielo ed i venti, dice che le piogge inizieranno in anticipo quest'anno ed ha quindi già arato tutta la "shamba"; la settimana prossima inizieremo a seminare.
I metereologi dicono che ci sarà il fenomeno "El Nino" e che dobbiamo aspettarci piogge torrenziali e violente, ben al di sopra della media stagionale e con possibilità di disastri. Ci hanno anche detto di prepararci ad epidemie di malaria, di leishmaniosi viscerale e di diarrea (colera in prima fila e poi ameba, escherichia coli e tutto il resto), a causa delle piogge eccessive e della proliferazione di zanzare.
Per adesso non lo sappiamo che cosa succederà veramente nella stagione delle piogge, ed allora aspettiamo fiduciosi il dono delle precipitazioni (fonte di vita, raccolti e cibo), preparando la campagna: certo, con le previsioni del tempo che sentiamo, quest'anno non pianteremo fagioli (molto sensibili all'eccesso di precipitazioni), ma soltanto granoturco, sperando comunque in un buon raccolto.


Quando guardo le strade, che ora sono coperte da 10 cm di polvere argillosa e finissima, già immagino come sarà la viabilità quando la povere si trasformerà in fango in cui tutte le autovetture annegheranno e non riusciranno più a muoversi.
Ma per adesso non vogliamo fasciarci la testa.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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