martedì 24 novembre 2015

Siamo in emergenza

Era circa l’una del pomeriggio. Eravamo in sala alle prese con un brutto tumore dell’ovaio e sentivamo il generatore di corrente accendersi e spegnersi continuamente.
Nel mio cuore avevo la certezza che questa altalena di elettricità e gruppo autogeno non indicasse niente di buono.
Infatti, mentre ancora stavamo operando, è entrato in sala Fr Giancarlo, che, con voce concitata, mi ha informato di un cortocircuito che ha causato un incendio nella centralina elettrica vicina alla pediatria. Mi ha riferito che il blocco operatorio è l’unico ad avere l’elettricità in ospedale a motivo del generatore indipendente, mentre in tutti gli altri dipartimenti stiamo sopravvivendo con i pannelli solari.
I nostri tecnici hanno estinto l’incendio in fretta e non ci sono stati danni alle persone.
Certamente c’era un grandissimo caos, in quanto tutte le mamme della pediatria erano fuori ed in preda al panico, i parenti dell’orario di visita urlavano spaventati, ed i soliti curiosi si accalcavano pericolosamente attorno alla cabina, ignari del fatto che avrebbe potuto esserci un’esplosione.
All’inizio il problema sembrava risolvibile: un grosso insetto si era infilato nel pannello di controllo e, con il corpo, aveva fatto da ponte per il cortocircuito. Pareva però che, cambiando un salvavita e pochi fili bruciati attorno ad esso, avremmo avuto nuovamente corrente.


E’ stato difficile continuare a lavorare, anche se la lista operatoria non ha subito conseguenze a motivo del generatore; abbiamo invece interrotto il lavoro in laboratorio analisi, nello studio odontoiatrico, in gastroscopia. Abbiamo in qualche modo continuato a fare ecografie usando lo strumento della maternità, dove abbiamo nuovi e potenti pannelli solari. Abbiamo dovuto spostare in comunità (dove per fortuna la luce c’è) il sangue, tutti i reagenti del alboratorio e le medicine che necessitano di refrigerazione.
Per fortuna stanotte potremo usare le lavatrici dei Buoni Figli e comunque riusciremo ad avere acqua, in quanto la linea delle pompe e quella del centro non sono state coinvolte dal cortocircuito. Quella che per adesso rimane senza soluzione è la situazione del mortuario, dove la cella frigorifera (strapiena come sempre) non funziona affatto.
Alle 4 del pomeriggio abbiamo avuto un barlume di speranza, in quando abbiamo visto che la luce era tornata...ma dopo pochissimi minuti abbiamo sentito un’esplosione, seguita da una colonna di fumo. 
Siamo accorsi verso la centralina elettrica, nuovamente avvolta dal fumo e dalla polvere dell’estintore e piena di odore di plastica bruciata.
Di fronte ad essa c’erano Koome e Fr Giancarlo, chiaramente scossi e visibilmente turbati. Solo Giancarlo mi ha parlato, mentre Koome era come ammutolito e mormorava tra sè: “non posso sistemare il problema, dobbiamo aspettare Antony”.
Giancarlo mi ha confidato: “ci siamo visti la morte davanti. Ero dietro a Koome. E’ stato lui ad azionare l’interruttore, nel tentativo di ripristinare la corrente. Appena ha messo “on” c’è stata un’espolsione ed un lampo tremendo di luce. Lui è stato bravissimo perchè non è scappato ed è riuscito a rimettere subito “off”.
Per la solita “Legge di Murphy” oggi Antony è a Nairobi a ritirare una macchina per il laboratorio che ci è stata donata. Lo abbiamo informato, gli abbiamo mandato le foto del pannello elettrico carbonizzato; lui ha già comprato i pezzi di ricambio e sta tornando.
Sarà a Chaaria domani, ma non sappiamo sinceramente quanto tempo ci vorrà per risistemare il guasto che ha “bruciato” il cavo che porta l’elettricità in ospedale.
Anche domani saremo in emergenza e faremo quello che potremo.
Stanotte useremo solo i pannelli solari (in pediatria e maternità sono nuovi ed efficienti e non ci sono problemi; il dispensario invece ha ancora il vecchio sistema con luci un po’ fioche e poca autonomia: lo cambieremo dopo la ristrutturazione di questo settore, ma per ora dobbiamo tirare avanti così). Per la sala operatoria, in caso di emergenze, useremo il generatore di backup.
Speriamo davvero che Antony riesca a darci presto un bypass domani, in modo da poter tornare al più presto ad una operatività vicina al normale.
Sappiamo comunque che cambiare il cavo ed il pannello elettrico imporrà lavori lunghi, costosi e complessi.
Con Giancarlo dicevamo comunque poco fa: “facciamo pure dire una Messa di ringraziamento, in quanto oggi avrebbe potuto scapparci il morto”.

PS: problema forse secondario è che anche internet non ce lo abbiamo in quanto il satellitare è in dispensario e richiede elettricità.
Spero di riuscire a spedire usando il modem, con cui la connessione è a volte drammaticamente lenta.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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