lunedì 23 novembre 2015

Forse hanno ragione loro

“Ha partorito bene?”
“Sì, è andato tutto benissimo ed il parto è stato molto veloce. La mamma infatti ha già avuto altre gravidanze!”
“Quanti figli ha?”
“Non lo so, ma adesso glielo chiedo”
La domanda non è semplice e la risposta ancor più difficile da comprendere perchè mi devo cimentare con le mie limitatissime conoscenze di kitharaka. Ma alla fine arrivo a capire: “Questo è l’undicesimo parto...”
Non riesco a concludere la frase perchè il mio interlocutore mi interrompe bruscamente, dicendo con una punta di sufficienza: “unidici?! E magari ne vuole ancora? Ma come si fa! Non c’è nessuno che le insegni un po’ di panificazione delle nascite?”
“Anche io una volta la pensavo come te, perchè ero pieno di idee occidentali sulle famiglie piccole, sulla pianificazione delle gravidanze e sull’adeguato spazio in anni tra un figlio e l’altro, in modo da prevenire la malnutrizione. 
Anche io pensavo che è meglio avere pochi figli in modo da poter dividere tra loro le poche risorse economiche della famiglia e magari poter offrire loro una formazione scolastica che arrivi anche oltre le scuole superiori. Con pochi figli, li puoi far studiare. Se ne hai troppi, rischi di lasciarli tutti senza un titolo di studio. Poi però, con il passare degli anni ho visto quanti figli muoiono a queste povere donne... Apetta; le faccio una domanda più specifica”.
“Mamma, quanti dei tuoi bambini sono vivi?”


Lei mi risponde che ha cinque figli viventi: gli altri sono morti per cause diverse nel corso dei primi anni di vita.
“Vedi, caro amico, forse una delle risposte la troviamo già qui. La mortalità infantile in questa parte del mondo è ancora elevata, e le mamme davvero non possono prevedere quanti dei loro figlio potranno arrivare alla vita adulta. Magari partorisci undici volte, ma solo
pochi dei tuoi bambini potranno diventare grandi e sposarsi. 
Hai mai visitato le nostre campagne? Hai mai visto quelle capanne isolate in mezzo al nulla? Non pensi che avere tanti bambini che poi crescono, possa essere anche una certa sicurezza per i genitori: protezione dai banditi e dagli animali selvatici; aiuto nella coltivazione dei campi nel caso dei maschi ed aiuto casalingo alla mamma per le femmine... e poi un sostegno durante l’età anziana?”
“E poi nelle capanne non hanno la televisione!”, mi ripete il mio amico con la solita punta di disapprovazione leggermente saccente.
“Questo è un luogo comune che sentivo ripetere anche in Bosnia, quando alla fine della guerra, portavamo aiuti umanitari dei paesini sperduti della provincia di Mostar. Ma non credo che sia così. E’ una cultura diversa, una cultura che pone molta importanza nella discendenza numerosa. Qui in Africa, i figli sono sempre il dono di Dio più grande... E poi, più passano gli anni e più mi rendo conto che forse hanno ragione loro: questa è una società giovane, che guarda al futuro con speranza; le strade brulicano di bambini e di giovanissimi. 
La cultura occidentale, a causa di un certo svilimento del valore della maternità, oppure con il mettere la carriera prima dei figli, dove ci ha portati? Ci si sposa sempre più tardi e spesso non si vogliono figli; ciò ha creato nazioni con crescita demografica zero, contesti sociali in cui il peso economico degli anziani diventa sempre più gravoso sulla classe lavorativa, che è tassata all’inverosimile per assicurare la pensione ad un numero sempre più elevato di persone. Sì, penso proprio che abbiano ragione loro ”.

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....