mercoledì 13 gennaio 2016

Io non credo in Dio

E’ una posizione che certamente rispettiamo anche noi di Chaaria.
Essere agnostico od ateo è certamente una scelta possibile e del tutto legittima, anche tra i nostri senza Dio: in qualche modo la loro cultura è molto più legata della nostra a sistemi di pensiero un po’ più arcaici, per cui nessuno o quasi può concepire una vita che si sviluppa per la sola spinta casuale dell’evoluzione. Il riferimento a Dio per loro è davvero esistenziale.
Per la nostra gente non è importante quello che credi: puoi essere cattolico, protestante, musulmano, buddista, indu o animista: ogni religione per loro è degna di rispetto, ma quello che non riescono a capire è una persona autoreferenziale che non riconosce l’esistenza di un essere superiore.Che una persona non abbia ancora trovato Dio, che non sappia chi Egli sia veramente, che non riesca a decidere a quale religione appartenere, è una situazione del tutto lecita e comprensibile anche nella loro mentalità.
Cercare Dio per loro fa parte della vita, anche se a volte non lo trovi affatto. Ma dichiarare che non si crede che Dio esista è per loro una categoria mentale piuttosto aliena.Non andare a messa alla domenica è certamente una cosa che in qualche modo essi comprendono: infatti anche qui in Africa infatti molti non partecipano alla messa, per le ragioni più diverse: magari hanno problemi con la chiesa istituzionale, o a  volte semplicemente asseriscono di credere in Dio ma non nella chiesa, ecc, ecc.
Quello che la gente non riesce a capire e di cui rimane sconcertata è quando un volontario direttamente afferma davanti a loro: “io non credo in Dio”.



Questa frase per loro è fonte di grande confusione.
Per questa ragione richiedo a coloro che fanno del volontariato a Chaaria di continuare liberamente con le loro convinzioni agnostiche e di non cambiare nulla del loro stile di vita (sarebbe ipocrita venire a messa per farci piacere), ma allo stesso tempo vorrei loro consigliare di non dire apertamente che non credono in Dio.
Naturalmente c’è la libertà di parola, ma sicuramente la nostra gente si trova disorientata quando si entra in un tale argomento con un volontario.
Questo è un discorso generale che mi è venuto in mente oggi in modo del tutto casuale.
Non mi riferisco a nessuno in particolare; tantomeno mi riferisco a coloro che sono presenti a Chaaria in questo momento. Il mio vorrebbe solo essere un piccolo stimolo ed un breve scambio interculturale che spero possa aiutare la relazione tra la gente locale ed i molti stranieri che visitano Chaaria.


Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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