martedì 21 giugno 2016

Emorraggia post-partum

E' una delle emergenze che ti mettono più in crisi.
Hai davanti una giovane donna già sfinita per il lungo travaglio, che, dopo la gioia di aver dato alla luce un figlio, si vede la vita sfuggirle di mano velocemente per un vero e proprio fiume in piena di sangue che continua ad uscire dal suo corpo e ad indebolirla.
Sono per tutti noi momenti di grandissima tensione, in cui si cercano le cause del sanguinamento e si corre ai ripari per porvi rimedio: tutti noi sappiamo - per esperienza diretta, purtroppo - quanto sia breve il tempo che intercorre tra un'emorragia post partum incontrollabile ed il decesso della donna.
Anche questa sera abbiamo vissuto momenti di terrore al capezzale di una nostra collega che avevamo seguito nel travaglio e a cui avevamo regalato una bella femminuccia molto vispa e sana.
Eravamo già stupiti che non fosse successo niente e che il travaglio fosse progredito senza complicazioni...con parenti, amici, colleghi e conoscenti infatti capita sempre qualcosa e la complicanza è quasi la regola.
Attimi dopo la rimozione della placenta però ci siamo resi conto che la quantità di sangue perso era troppa e bisognava agire con urgenza, prima che fosse tardi.


L'utero non si contraeva bene, ed allora abbiamo fatto prima una rimozione manuale delle membrane ritenute e poi una revisione della cavità con paziente in sedazione.
Nonostante questo l'emorragia riprendeva continuamente, dopo pochi attimi di tregua in cui tutti ci illudevamo di averla controllata.
Abbiamo allora fissato la nostra attenzione sulla cervice, ma fortunatamente non vi abbiamo trovato lacerazioni e sanguinamenti arteriosi. C'erano però molte ferite lungo il canale del parto, e tutte perdevano sangue copiosamente. Le abbiamo suturate una ad una, ma l'emorragia continuava comunque dall'interno della cavità uterina.
Siamo quindi ricorsi al tamponamento con garze, ed abbiamo iniziato a pregare che non si dovesse arrivare a misure più estreme come l'isterectomia d'urgenza.
Intanto alla nostra collega infondevamo abbondanti quantità di ossitocina che pian piano ha fatto il suo lavoro. Infatti, alla rimozione dei tampone di garze il sanguinamento è risultato minimo, e compatibile con una normale lochiazione. Abbiamo lasciato l'infusione di ossitocina per la notte, tanto per non sbagliare!.
Le gambe ci tremavano ed abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo. Io ho guardato l'ora sconsolato e mi sono reso conto che anche stasera non sarò a letto prima di mezzanotte.
La mammina adesso dorme sonni saporiti e fa probabilmente sogni strani sotto l'effetto della ketamina.
Domani fortunatamente non ricorderà nulla dello spavento che ci ha fatto prendere questa sera e si godrà la sua figlioletta primogenita.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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