domenica 14 agosto 2016

Giulia e Gigi

Con questo breve scritto desidero ringraziare di cuore Giulia e Gigi, che,per l'ennesima volta, hanno donato alcune settimane a Chaaria.
Giulia è stata una presenza importantissima in reparto, un trait d'union tra me ed i pazienti, una coordinatrice tanto importante quanto umile e silenziosa.
In un periodo in cui la chirurgia sta assorbendo la maggior parte delle mie ore, spesso perdo il controllo dei pazienti medici in reparto.
Giulia ha fatto il lavoro silenzioso che ha permesso a molti ricoverati di essere seguiti propriamente, con la terapia più adeguata.
Si è anche sobbarcata quasi completamente il noioso lavoro delle dimissioni, oltre che aiutarmi in modo tangibilissimo con le ecografie e con gli elettrocardiogrammi.
Gigi, informatico di professione, ha lavorato tantissimo sui database dell'ospedale, correggendo errori e perfezionando le statistiche. In questo modo mi ha permesso di avere dati statisticamente significativi dal 2009 sino ad oggi, dati che sempre di più mi tornano utili per congressi, presentazioni e pubblicazioni.
Li ringrazio di cuore perchè Chaaria è ormai parte dei loro impegni fissi, insieme a quelli che essi da anni portano avanti in Madagascar.
Chaaria è la tappa fissa nei loro ritorni in Italia dal Madagascar.
Li abbiamo salutati con un arrivederci, perchè sappiamo che ci rivedremo certamente l'anno prossimo.
Per mè è stato bello quest'anno lavorare con Giulia che di solito mi sostituisce, insieme ad Apophie, quando vado in Italia: molte volte infatti ci salutiamo appena al mio arrivo dall'Italia appena prima della fine della loro esperienza.


Questa volta invece abbiamo collaborato gomito a gomito tutti i giorni.
Buone vacanze in Italia, e grazie di tutto.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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