martedì 11 ottobre 2016

Le bugie hanno le gambe corte

Joana (nome Kiswahili per Giovanni) ha un brutto taglio sul polso destro. La lesione ha tranciato alcuni tendini flessori ed ha anche decapitato la parte terminale dell’ulna.
Il paziente sanguina molto e dobbiamo lavorare con un laccio all’avambraccio per poterci vedere qualcosa.
Con difficolta’ togliamo i frammenti inutilizzabili di osso, e poi ci mettiamo alla ricerca dei capi di tendine sezionati dalla panga. Anche chiudere le arterie non e’ un gioco da ragazzi… pero’ con pazienza ci riusciamo.
Il lavoro si prolunga per molto tempo; e’ un’impresa da Certosini, ma quando arriviamo alla sutura della cute e la tensione un po’ cala, troviamo la voglia di chiedere: “cosa ti e’ successo? E’ stato un litigio od un attacco da parte dei ladri?”
La risposta di Joana ci sconcerta: “stavo raccogliendo frutti su un albero di mango, quando sono caduto perche’ un ramo ha ceduto. Sono stramazzato dritto su una panga che avevo depositato su una pietra ai piedi dell’albero prima di arrampicarmi.
La storia ci sembra del tutto inverosimile. Ci guardiamo negli occhi e sorridiamo sotto le nostre mascherine chirurgiche. Decidiamo comunque di non fare altre domande, in quanto lo sappiamo fin troppo bene che i clienti, soprattutto quelli con tagli da machete, non dicono mai la verita’.


Terminiamo il lavoro con una bella ingessatura e non pensiamo piu’ a Joana, che nel frattempo viene trasportato in reparto per un ciclo di antibiotici.
Ma la verita’ salta fuori l’indomani, in un modo del tutto inaspettato.
Riceviamo infatti la visita delle forze dell’ordine che cercano proprio Joana. La versione che ci presentano e’ del tutto differente da quella che lui ci aveva sciorinato.
Il nostro paziente infatti stava violentando una ragazza debole mentale di Chaaria, quando e’ stato sorpreso dalla madre che si e’ messa a strillare. A questo richiamo ha prontamente risposto un vicino di casa, che, secondo la piu’ perfetta applicazione della legge del taglione, si e’ precipitato per amputargli la mano.
Joana e’ pero’ riuscito a scappare e si e’ presentato in ospedale per la terapia, sperando di farla franca con la sua storiella dell’albero di mango… ma la gente di Chaaria lo conosce e la notizia e’ giunta alla mamma della piccola violentata. 
Giustamente questa povera donna ha chiamato la polizia ed ora la legge deve fare il suo corso.
Nonostante il gesso, Joana ha lasciato l’ospedale con le manette ai polsi.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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