venerdì 9 dicembre 2016

Chi va e chi viene

...e così oggi la nostra Faith ci ha lasciati ed è tornata a casa con i nonni.
E' bello per una volta che una orfanella, dopo Chaaria, non vada a finire all'orfanotrofio, ma possa essere inserita in famiglia.
Dopo grandi difficoltà a livello nutrizionale che l'avevano resa un vero scheletro e che non le permettevano di crescere, ora Faith sta davvero bene e pare aver superato completamente il problema di intolleranza alimentare che l'ha tanto disturbata nei primi mesi di vita.
E' un po' in ritardo, ma ha cominciato a deambulare con il girello.
La deambulazione è per noi un passaggio che non possiamo far superare ai bambini ospitati nel nostro piccolo orfanotrofio.
Non siamo attrezzati per seguire orfanelli che se ne vanno in giro per l'ospedale e che rischiano di farsi male con ogni sorta di materiali pericolosi, o di rovistare fra i rifiuti infetti.
Ecco perchè abbiamo insistito molto con i nonni perchè venissero a riprendersela senza indugio.
Loro da sempre avevano detto che l'avrebbero rivoluta, quando fosse stata svezzata e forte.
Il tempo è ora arrivato, ed essi hanno mantenuto la promessa.


L'abbiamo salutata oggi, augurandole una vita piena di amore in famiglia. Ma il suo posto è stato immediatamente occupato da Emmanuel, piccolo maschietto ci circa due settimane, nato all'ospedale di Meru, e purtroppo orfano per la morte della mamma.
Lo sciopero, che ha causato la chiusura totale di quell'ospedale, è la ragione principale della sua venuta a Chaaria, e noi lo accogliamo a braccia aperte nella nostra famiglia.
Come sempre, cercheremo di volergli bene e di farlo sentire amato e coccolato.
Ecco quindi che la partenza di Faith ci lascia meno addolorati, perchè ora abbiamo Emmanuel che ha bisogno di tutto il nostro affetto.
So che le nostre assistenti saranno vere madri, tenere ed affettuose, anche per lui.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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