domenica 12 febbraio 2017

Brutte storie!

Alina ha 15 anni, ed è stata ricoverata per una minaccia d'aborto, un aborto che qualcuno le ha provocato in un villaggio, inserendole in utero un ramo di cassava.
Abbiamo fatto l'eco ed abbiamo visto che il ramo non aveva perforato le membrane e che il feto di circa 16 settimane di età gestazionale era vivo.
Abbiamo deciso quindi di tentare la rimozione del corpo estraneo e di salvare la gravidanza.
Purtroppo però la nostra manovra ha causato perforazione del sacco e la perdita del liquido amniotico... ed a distanza di 24 ore un aborto incompleto che poi abbiamo trattato con revisione della cavità uterina.
E' una triste realtà dalle nostre parti.
Molte giovani che rimangono incinte e non vogliono farlo sapere ai genitori, si rivolgono a fattucchiere tradizionali, le quali (non certo gratuitamente!) inducono l'aborto nelle maniere più disparate: può essere un'overdose di clorochina; oppure un impacco di foglie di tè in vagina, ma più frequentemente è un ramo di cassava in cervice.


La cosa che ha reso la storia di oggi ancora più triste è aver saputo che la povera ragazzina aveva cercato di abortire clandestinamente perchè il responsabile della gravidanza era lo zio.
Dopo aver appreso questa cosa, ho provato un forte ribrezzo per quell'uomo, ed una tenerezza infinita per questa povera "bambina" abusata in famiglia.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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