mercoledì 15 marzo 2017

Sciopero ufficialmente finito

Sono stati cento giorni di sofferenze indicibili per i pazienti che non potevano permettersi le cure in ospedali privati e non abitavano vicino ad un ospedale missionario.
Sono stati cento giorni anche di morte, per molti che non hanno potuto essere curati: non posso non pensare alle contee più povere dove non ci sono ospedali missionari, ed allo stesso tempo non posso dimenticare le centinaia di pazienti che al Kenyatta National Hospital a Nairobi non hanno potuto avere chemio o radioterapia.
Nel mio piccolo, quante morti ho visto qui a Chaaria in questo periodo: a volte arrivavano troppo tardi; altre volte erano già morti prima dell'arrivo perchè avevano viaggiato per giorni prima di trovare un ospedale aperto. Quanti neonati che ho visto morire si sarebbero salvati in condizioni migliori, se la mamma fosse venuta in tempo per il cesareo!
Per noi sono stati cento giorni di fatica immensa, di notti insonni, di orari incredibili di giorno e di notte.


E' stato un tempo in cui spesso ci siamo sentiti sopraffatti, in cui abbiamo sentito di non farcela più ad andare avanti, in cui i pazienti ci sono sembrati davvero troppi.
Però noi ci siamo stati! Non siamo scappati e non abbiamo chiuso!
Quando gli altri lo erano, non eravamo aperti 24 ore al giorno, con fatica ma con dedizione ed entusiasmo.
Quando gli interessi sindacali di una classe lavorativa hanno avuto la precedenza assoluta sul grido di dolore della sofferenza, noi invece abbiamo dato il primo posto ai malati, e soprattutto ai più poveri che non potevano permettersi altre strutture sanitarie.
Ecco il sentimento più bello che ci portiamo in cuore a conclusione di questo periodo buio..noi c'eravamo; non ci siamo tirati indietro e non abbiamo chiuso la porta in faccia a nessuno.
E' insieme un sentimento di stanchezza infinita e di grande umana soddisfazione: ce l'abbiamo fatta!
Questo sciopero non ci ha fiaccati!
Siamo rimasti al fianco dei più poveri!
E' stata dura ovunque, ma soprattutto in maternità, dove abbiamo vissuto mesi di assoluto delirio: ringrazio di cuore il nostro staff per l'esemplare collaborazione, ed i tanti volontari che, considerando il periodo di emergenza, hanno saputo sacrificarsi moltissimo, rinunciando addirittura al meritato riposo del sabato pomeriggio e della domenica per darci una mano.
Ringrazio vivamente Giancarlo, con cui ho condiviso in pieno il peso di questo periodo "impossibile".
Ringrazio i generosi donatori che ci hanno aiutato economicamente in un tempo in cui la maggior parte dei pazienti non poteva pagare nulla per le cure che loro offrivamo.
Ci vorranno almeno dieci giorni prima che possiamo tornare alla normalità: sui giornali si legge che molti dottori non sono ancora rientrati al lavoro...ci si aspetta che tutti lo facciano per lunedì prossimo.
Siamo ancora pienissimi, ma almeno sappiamo che pian piano ritroveremo un equilibrio, una normalità, una condizione di servizio che sarà ancora intensa, ma almeno umana, vivibile e non suididaria.
Ci possiamo anche aspettare che la qualità del nostro servizio pian piano migliori nuovamente, che non faremo più partorire le donne per terra perchè le barelle sono tutte occupate, che potremo lavare il pavimento sporco di sangue tra un parto e l'atro, che smetteremo di far dormire i pazienti su stuoie getatte sui marciapiedi qua e là per l'ospedale.
Ringrazio il Signore che ci ha dato l'energia di resistere, di stare dalla parte di chi soffre con tutte le nostre forze, e, direi, fino al sacrificio della nostra vita.

Fr Beppe

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....