lunedì 8 maggio 2017

Ora almeno so dove sei!

Sono trascorsi dieci giorni tremendi, in cui non sapevo dov’eri: eri sospesa tra la vita e la morte, in un mondo solo tuo.
Non hai mai ripreso conoscenza e non hai mai dato segni di effettivo miglioramento.
Il tuo corpo sembrava forte, ma la tua mente non ha più voluto risvegliarsi.
Ci siamo presi cura di te con amore e con disperazione sempre tra loro mescolati in un groviglio che ci faceva star male tutte le volte che ci avvicinavamo al tuo letto.
Ti giravamo, ti lavavamo e siamo riusciti a non farti venire le piaghe da decubito.
C’era il grosso problema del sondino nasogastrico con cui ti nutrivamo: per quanto tempo avresti potuto tenerlo senza sviluppare nuove complicazioni? Sarebbe arrivato il giorno in cui ti avrei dovuto riportare in sala per una PEG?
Già pensavo all’ipotesi di averti qui in ospedale per mesi ed anni in questo tuo limbo senza ritorno...ormai le speranze in una tua ripresa si erano fatte sempre più fioche, man mano che passavano i giorni.
Speravo che tu sopravvivessi, ma comprendevo anche che sarebbe stato in uno stato vegetativo, di cui ero pronto a prendermi cura.
Poi tu hai risolto i nostri problemi, hai fatto il salto e sei passata nell’al di là.
E’ successo domenica mattina.
Ti vedo morta sul letto, pochi minuti prima della messa domenicale: immobile ma finalmente tranquilla.


Tuo marito è venuto in serata, provatissimo ma anche calmo nella sua tristezza.
Probabilmente i dieci giorni del tuo coma lo hanno preparato al grande distacco.
Mi sono profuso in scuse nei suoi confronti e lui mi è sempre sembrato tranquillo, sofferente ma composto.
Gli ho detto che il bimbo lo avrei tenuto qui tra gli orfani finchè lui si fosse sistemato completamente dopo questa perdita tremenda, ma lui lo ha voluto a casa da subito.
Ben arrivata in Paradiso, mia cara paziente.
Quanto dolore mi hai causato e quanto ne ho causato io a te ed ai tuoi cari!
Aiutami a superare i sensi di colpa che mi attanagliano.
Prega per tuo marito e per la tua creatura...ma di questo sono assolutamente sicuro.
Soprattutto Prego io che tu possa essere felice tra le braccia di Dio.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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