lunedì 26 giugno 2017

Maternità debordante

Non ci sono piu' limiti al superlavoro in maternita': pazienti dovunque, sala parto insufficiente, carenza di letti, di biancheria,
di strumentario.
Al mattino gia' ti trovi una decina di cartelle di nuove pazienti ricoverate durante la notte e bisognose di ecografia.
La lista operatoria e' normalmente completamente sovvertita dai continui cesarei che arrivano spesso anche da fuori.
I casi di maternita' che ci arrivano dalle strutture missionarie periferiche (quelle governative sono infatti chiuse!) sono in genere i peggiori da gestire, vuoi perche' in un dispensario senza sala operatoria si tende a dilazionare al massimo il trasferimento nella speranza, spesso totalmente erronea, che la donna poi con il tempo partorira'; vuoi perche' a molte strutture rurali manca l'ambulanza ed il trasporto viene ritardato per motivi logistici, come il reperimento di un mezzo di trasporto o la ricerca dei soldi necessari a pagarlo.



Fatto sta, e' indubbio che un cesareo deciso con calma e con indicazioni adeguate tra le nostre pazienti, e' in genere un'operazione serena e veloce, normalmente con bimbo in ottime condizioni e senza rischi per la madre.
Situazione del tutto diversa invece quella dei cesarei ricevuto come trasferimento da tali maternita': complicazioni di tutti i tipi, sepsi
di madre e bambino, sanguinamenti abbondanti. Ci sono spesso rotture d'utero, feti con grave distress che poi non ce la fanno a sopravvivere.
Delle volte la donna rimane in secondo stadio di travaglio per ore ed ore, ed arriva da noi con caput succedaneo del feto che arriva al perineo ed in condizioni generali di profonda prostrazione.
In questo casi sovente il battito cardiaco fetale e' ormai flebile all'arrivo.
Non hai piu' tempo neppure per predisporre la sala per il cesareo e provi con la ventosa; ce la fai con fatica e tremore... ma poi il bimbo non ce la fa a respirare e ti muore in sala parto.
Alcuni giorni fa abbiamo ricevuto una ragazza che era stata in travaglio per 5 giorni prima che ci fosse trasferita. 
Il bambino purtroppo era morto e la poveretta aveva una rottura d'utero, che abbiamo riparato, ma con notevoli dubbi sul post-operatorio. La poveretta non sta andando bene e speriamo che non si instauri una peritonite od una setticemia...
Se solo ce la avessero portata due giorni prima, quasi sicuramente il bimbo sarebbe vivo e la mamma non starebbe correndo pericoli per la sua sopravvivenza.
L'osterica di quella matrnita' ci ha detto una cosa sconvolgente, e cioe' che al termine del travaglio si era instaurata una disproporzione cefalo-pelvica...come se la disproporzione si potesse instaurare ad un certo punto e non sia piuttosto una condizione legata all'anatomia del bacino materno.
Come se non bastasse ci ha detto che hanno anche messo dell'ossiticina per farla partorire, dopo aver notato il secondo stadio prolungato...anche al primo anno di scuola un'ostetrica dovrebbe sapere che questo farmaco e' controindicato nella disproporzione cefalo-pelvica!
E cosi', tra successi e sconfitte, tra gioie e dolori, continuiamo le nostre "lotta continua" in maternita', dove ieri abbiamo registrato 50 parti in 24 ore e ben 9 cesarei...bella domenica, vero?
Qualcuno mi chiede se siamo stanchi.
Forse la parola stanco non esprime bene la nostra condizione: siamo in effetti sopraffatti e stravolti.
Siamo pero' orgogliosi di essere aperti quando gli altri sono chiusi, e di essere una porta spalancata a tutti quelli che hanno bisogno.

Fr. Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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