martedì 11 luglio 2017

L'altro angelo custode

Anche se non posso piu' contare sulla dottoressa Apophie durante i giorni infrasettimanali, non sono rimasto solo a far fronte allo sconvolgimento continuo causatoci dallo sciopero.
Ho infatti con me l'importantissima figura della dottoressa Makandi, la quale, tornata dalle ferie, si e' buttata a capofitto su Chaaria ed e' con me dal lunedi' al venerdi'.
Praticamente la dottoressa "si smazza" da sola tutta la parte ortopedica, permettendomi piu' tempo e serenita' per ambulatorio, reparto e soprattutto maternita' dove il numero dei cesarei e' sempre alle stelle.
La dottoressa Makandi comunque non fa solo ortopedia, ma anche altri interventi come ernie e addirittura drenaggi toracici per importanti versamenti tubercolari.
La sua presenza ha comunque in effetti rivoluzionato l'assetto chirurgico di Chaaria, dove la traumatologia ortopedica sta diventando un settore in continua espansione.
In questo periodo ci siamo divisi le sale: avendo bisogno di molti piu' strumenti, la dottoressa Makandi si prende la sala grande, mentre io mi trovo benissimo nella sala piccola (come ai vecchi tempi), per la chirurgia generale e ginecologica, e soprattutto per i cesarei.


La dottoressa Makandi sta anche portando a Chaaria vari studenti di medicina all'utimo stadio del tirocinio: infatti lo sciopero li ha bloccati completamente ed essi hanno un grande desiderio di imparare.
E' bello per me vedere questi giovanissimi medici keniani affascinati dal modo con cui lavoriamo a Chaaria e desiderosi di formarsi.
Ringrazio di cuore la dottoressa Makandi, che, insieme ad Apophie, mi sta aiutando a non affogare in questo momento difficile per l'ospedale di Chaaria.
Makandi ed Apophie sono certatmente i miei angeli custodi in questo sciopero della sanita' pubblica.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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