lunedì 9 ottobre 2017

Chaaria International

Oggi sono tornati in Italia Bianca e Niccolo', dopo un mese di presenza a Chaaria...e li ringraziamo di cuore.
Con la loro partenza, a Chaaria sono rimasti solo volontari "stranieri"...strana definizione nel nostro contesto, visto che anche noi lo siamo in questo Paese!
Abbiamo ovviamente la dottoressa Makandi, la nostra volontaria keniana, e quindi l'unica a non essere straniera.
Con noi c'e' poi Ela, volontaria "plurirecidiva" dalla Polonia.
Da alcuni giorni sono qui anche Tim e Katy, medici internisti londinesi purosangue: staranno con noi per circa sei mesi.
Ieri inoltre abbiamo accolto un grosso gruppo di chirurghi generali dall'Estonia (la prima volta da quella nazione).
Il lavoro e' tantissimo per tutti.
Avendo a Chaaria sia la dottoressa Makandi che occupa la sala a tempo pieno per l'ortopedia, ed un gruppo di 4 chirurghi + anestesista dall' Estonia, abbiamo riorganizzato anche gli spazi operatori.
In sala grande abbiamo predisposto due lettini chirurgici, ed oggi abbiamo sempre lavorato su entrambi: e' stata una novita', ed anche un grande lavoro, dovendo duplicare tutto, dall'elettrobisturi al monitor, dagli strumenti ai teli sterili...per non parlare delle strumentiste che hanno lavorato continuamente su due interventi in contemporanea.


La sala piccola e' stata completamente occupata alla dottoressa Makandi che ha operato fratture dal mattino alla sera.
Anche la sala parto ci e' servita come piccolo sfogo per le attivita' chirurgiche (raschiamenti e biopsie della cervice uterina); qualcosa di chirurgico lo abbiamo fatto pure nel mio studio (soprattutto agopsie ecoguidate).
Oggi gli interventi sono dunque stati tantissimi, considerando anche che ad essi si sono naturalmente aggiunti vari cesarei, che abbiamo sempre fatto sul lettino aggiunto in sala grande.
L'ospedale poi e' stato pienissimo, come si addice alla miglior tradizione dei lunedi' di Chaaria.
Siamo dunque estremamente stanchi.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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