domenica 1 ottobre 2017

Chaaria nascosta

Essere completamente al collasso in ospedale implica anche aspetti meno appariscenti ma certamente non meno pesanti, soprattutto per chi, con Fr Giancarlo, ne ha la diretta responsabilità.
Siccome i pazienti sono troppi dappertutto, le fogne non ce la fanno, e bisogna chiamare i muratori per ripararne i danni e per sbloccarle...lavoro ingrato, spiacevole, ma quanto mai necessario.
La cucina è sopraffatta e la stufa a legna, continuamente sotto pressione, ci ha lasciati a piedi: una lunga screpolatura si è aperta nella ghisa, ed ora bisogna ripararla in fretta, mentre in emergenza si usa la stufa normalmente adibita a riscaldare lo stenditoio della biancheria...cucinare in lavanderia aumenta i problemi logistici che già non mancano.
La lavanderia poi è sopraffatta, le lavatrici girano continuamente di giorno e di notte, ma comunque bisogna anche chiamare donne a giornata per lavare a mano.
Inoltre la biancheria stesa non fa in tempo ad asciugare, e spesso la dobbiamo usare umida.


Gli stenditoi non bastano e bisogna stendere sull'erba.
Non bastano le lenzuola, non bastano i pigiami e le camicie da notte, non bastano i teli della sala operatoria...soprattutto non bastano i letti.
Impossibile comprare vettovaglie a sufficienza, ed i pasti che cuciniamo non sono mai sufficienti.
E non si intravedono schiarite per la soluzione di questa crisi sanitaria ormai così lunga.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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