venerdì 13 ottobre 2017

I serpenti

In pediatria in questo momento abbiamo due bambine ricoverate a motivo di un morso di serpenti. 
Entrambe hanno un’età di circa 3 anni. 
La prima è stata morsicata da un cobra a Mukothima e gli effetti neurotossici del veleno le hanno causato una emiparesi destra. E’ fuori pericolo, ma stiamo cercando di far regredire queste sequele neurologiche con una fisioterapia intensiva.
La seconda bimba è di Chaaria ed è stata punta da un mamba nero al braccio sinistro: dapprima l’edema diffuso ha causato una sindromecompartimentale che ha richiesto una escarotomia d’urgenza per evitare la gangrena; poi l’arto è diventato via via necrotico ed abbiamo dovuto eseguire già sue toelette chirurgiche per togliere i tessuti morti che fanno da pabulum per i germi. Ora il braccio va meglio e c’è un bel tessuto di granulazione, anche se i muscoli sono esposti e probabilmente ci vorrà un grosso innesto cutaneo per permettere alla ferita di richiudersi.
Ricoverare bambini ed aduti per morso di serpente è un’evenienza non infrequente, soprattutto nella stagione delle piogge. 
A volte il malato viene in ospedale portando con se’ l’animale morto, e questo in qualche modo ci facilita la diagnosi. Spesso pero’ dice di non aver visto il rettile. La diagnosi e’ quindi di sospetto, soprattutto analizzando il sito del morso con una lente di ingrandimento.
Normalmente la distanza tra i due aculei ed il modo con cui essi sono entrati nei tessuti possono aiutare nella diagnosi.


Sovente e’ anche molto difficile analizzare il sito di inoculazione, perche’ i pazienti hanno gia’ applicato la “pietra nera” (black stone), prima di venire all’ospedale. 
Tutti qui hanno questo importante salvavita a casa. E’ uno dei rimedi piu’ conosciuti dalla medicina tradizionale, che io comunque cerco di rispettare: infatti se tutti la usano, non solo in Kenya, ma anche in altri Paesi Africani, vuol dire che ci deve essere qualche base scientifica al suo funzionamento. 
Ho cercato di capire di cosa si tratta, ma e’ molto difficile cogliere la verità, perche’ spesso i guaritori tradizionali sono gelosi dei loro segreti. 
La pietra nera viene applicata direttamente alla zona del morso; viene tenuta schiacciata per alcuni istanti finche’ prende adesione autonomamente. La credenza popolare e’ che rimarra’ attaccata alla cute finche’ tutto il veleno sara’ riassorbito; e poi si stacchera’ da sola.
Osservandola attentamente, mi pare che possa trattarsi di un osso piatto di qualche animale, osso che e’ stato poi abbrustolito alla fiamma. 
La ragione per cui si attacca alla pelle e’ da ricercare nella porosita’ del tessuto osseo, mentre la sua efficacia potrebbe derivare proprio dal fatto che, assorbendo secrezioni biologiche nella zona di inoculo, potrebbe contribuire alla eliminazione del veleno prima che
lo stesso possa entrare in circolo.

A Chaaria abbiamo sostanzialmente due tipi di serpenti velenosi, entrambi appartenenti alla famiglia degli elapidi: 
il mamba nero (presente comunque è anche il mamba verde, più velenoso) ed il cobra (spitting cobra, black-necked cobra).
I segni piu’ comuni di avvelenamento sono da dividere in due gruppi:
1) Effetti locali: dolore, apparizione di flittene, gonfiore, formazione di pus e necrosi dei tessuti.
2) Effetti sistemici: vomito, cefalea, collasso, prurito generalizzato e a volte attacco asmatico. Frequenti i danni neurologici. Molto raramente aritmia cardiache anche gravi.
3) Effetti da saliva del cobra: spesso il cobra non morde, ma sputa a distanza: questo gli serve per accecare momentaneamente la preda, disorientarla e poterla raggiungere senza problemi per inghiottirla; oppure gli serve per far allontanare il pericolo. Ha una mira infallibile e colpisce sempre negli occhi, causando nell’uomo gravi congiuntiviti, ma ordinariamente non cecita’.
Nella nostra esperienza gli effetti locali e quelli oculari sono i piu’ frequenti. Sentiamo a volte di pazienti che muoiono prima dell’arrivo in ospedale, ma normalmente la mortalita’ di coloro che sono giunti fino a noi e’ pressoche’ nulla, pur non sminuendo l’importanza degli effetti destruenti locali che possono portare fino all’amputanzione, o delle sequele a distanza, come nel caso della prima bimba presentata oggi.
Il nostro approccio al paziente avvelenato puo’ essere sintetizzato nel modo seguente:
1) proponiamo a tutti il ricovero al fine di essere pronti per eventuali complicazioni (anafilassi, crisi asmatiche, aritmie cardiache). Da segnalare che, non avendo viperidi nella nostra zone, normalmente i nostri pazienti non hanno problemi di carenze coagulative.
2) SIERO ANTIVELENO: ho da tempo deciso di non usarlo, sia perche’ le evidenze scientifiche sulla sua efficacia sono contraddittorie, sia nperche’ il siero stesso e’ gravato da un numero elevato di effetti indesiderati a volte anche gravi (shock anafilattico e morte). Altra ragione per cui preferisco non usarlo e’ rappresentata dal fatto che qui non troviamo il siero monospecifico (cioe’ attivo contro una sola specie di serpenti), che è piu’ efficace. 
E’ disponibile solo siero multivalente, che ha una protezione molto bassa per varie specie di
serpente, ed e’ gravato da una percentuale notevole di reazioni allergiche. Questa è la mia opinione personale, ma per esempio, la dottoressa Khadija lo usa, e quindi il siero è disponibile in ospedale.
3) A tutti i pazienti facciamo un richiamo antitetanico, perche’ i denti dei serpenti possono trasmettere il tetano.
4) Somministriamo antibiotici ad ampio spettro per almeno 7 giorni: osserviamo l’area per possibile necrosi o formazione di ascesso. In questo caso procediamo alla toeletta chirurgica con paziente sedato.
Rimaniamo pronti per una escarotomia d’urgenza in caso di sindrome compartimentale. Normalmente l’infezione distrugge il muscolo e richiede un tempo lungo di guarigione. Non si osservano comunque complicazioni gravi come la osteomielite, e non abbiamo mai amputato nessuno dopo un morso di serpente.
5) A scopo antiallergico e antiedemigeno (antigonfiore) pratichiamo del cortisone endovena per vari giorni.
6) Da subito bendiamo l’arto e applichiamo dell’ittiolo. Cerchiamo anche di immobilizzarlo, in modo da ridurre la attivita’ muscolare che potrebbe favorire l’ulteriore diffusione del veleno. Non rimuoviamo mai la pietra nera.
7) Dichiariamo il paziente fuori pericolo per reazione allergica dopo 24 ore di ricovero, ma non gli permettiamo di camminare per almeno 7 giorni, per evitare sia la diffusione del veleno che accidenti tromboembolici. 
Prima di iniziare a camminare, il paziente fara’ fisioterapia passiva a letto. Non uso normalmente profilassi con eparina perche’ ho sempre paura di turbe coagulative da veleno, anche se, come ho detto, non abbiamo viperidi.
8) Nel caso di spitting cobra e’ importante lavare abbontandemente la congiuntiva con soluzione fisiologica. Poi somministriamo colliri cortisonici tre volte al di’ per circa 7-10 giorni. Si fa una medicazione occlusiva per almeno tre giorni. Poi si consiglia al paziente di evitare la luce solare diretta per un’altra settimana.
I mesi piu’ a rischio per morso di serpente sono quelli di marzo-aprile e novembre-dicembre, in quanto i rettili cercheranno luoghi asciutti come marciapiedi, grosse pietre soleggiate per riguadagnare un po’ della temperatura corporea.
I luoghi piu’ a rischio sono le pietraie vicino ai torrenti.
Altra attivita’ umana a rischio e’ quella agricola: soprattutto tagliare foraggio per le mucche, perche’ spesso la persona, che qui usa la panga per questo lavoro, e’ chinata in avanti, ed e’ quindi nella posizione migliore per ricevere uno sputo di cobra negli occhi.
Sempre molto a rischio e’ camminare fuori sentiero senza indossare scarponi o stivali.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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