mercoledì 15 novembre 2017

Se si corre invano

Arriva paziente coinvolto in un bruttissimo incidente stradale...sono passate le 19.30 e siamo molto stanchi, ma ci attiviamo subito.

Lo visitiamo immediatemente.
Gravissimo taglio sulla testa che espone una evidente frattura cranica. Ferite lacero-contuse del volto che appare edematoso e sfigurato. Occhi gonfi e chiusi... da pugile.
Condizioni generali critiche, direi da rianimazione.
Gli infermieri dell'ambulatorio si fanno in quattro per la rianimazione, con l'ossigeno ed i pochi farmaci che abbiamo a disposizione.
La pressione non c'e'...il paziente e' in shock, forse emorragico.
Prendergli una vena e' un incubo, ma alla fine ce la facciamo. Attraverso di essa preleviamo il sangue per le prove crociate.
Ho un po' di Revivan che mi aveva donato Nietta...ne approfitto, e parto subito con l'infusione endovena.
Spero che la Dopamina mantenga il circolo, riprenda la pressione, prevenga l'insufficienza renale acuta, e ci permetta di fare le prove crociate e poi di trasfondere sangue (per fortuna ne abbiamo!!!).
Sto pensando di portarlo in sala per suturare la brutta ferita ed arrestare anche l'emorragia che continua. domani faremo la TAC per verificare la possibilita' di emorragie endocraniche sotto la rima di frattura ossea: il paziente e' infatti in coma profondo.
Ma lui non ce la fa. La situazione precipita rapidissima.


Torno in ambulatorio per dire di portare il malato in sala dove finalmente e' terminata la frattura del femore, ma mi rendo conto, con un colpo al cuore, che l'uomo non respira piu'.
Un'altra vita che non siamo riusciti a salvare, un altro fallimento, un'altra corsa inutile.
Un'infermiera tenta di consolarmi e di dirmi: " ringraziamo il Signore che sia successo prima che entrasse in sala, perche' ogni morto sul letto operatorio e' sempre considerato tale per colpa del chirurgo. 
Ti avrebbero accusato di averlo ammazzato tu. Il paziente e' arrivato da pochi minuti, abbiamo fatto di tutto, siamo intervenuti subito...nessuno ci puo' dire nulla...la sua morte era inevitabile".
Sara' anche vero quello che la mia collega tenta di dirmi a scopo consolatorio, ma a me questa morte porta tanta tristezza e stasera vado a dormire con il cuore pesante.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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