mercoledì 28 febbraio 2018

Abbiamo salutato Pietro

Anche stavolta lasciare Pietro e' stato difficilissimo.
Siamo amici da un decennio ormai.
Vederlo partire mi da' sempre molta tristezza.
A lui devo tutta la mia conoscenza e competenza chirurgica.
Per me Pietro e' insieme un maestro, una guida, un modello di vita professionale, un chirurgo eccezionale ed una persona di una umanita' squisita.
Questa volta tre settimane sono passate davvero troppo in fretta, tanto piu' che in mezzo e' capitato anche il mio congresso ortopedico.
Ho comunque imparato ancora cose nuove da lui.
E' stato estremamente utile per me fare gastrectomie con Pietro: la gastrectomia rimane un osso duro per me ed un intervento dall'alto contenuto emotivo, soprattutto in seguito ad un triste caso nel 2015 quando avevo perso un malato dopo averlo rioperato quattro volte.
Pietro mi ha ridato confidenza e fiducia per non abbandonare questa importante procedura chirurgica.
Anche fare tiroidectomie con Pietro e' stato importantissimo, dopo alcune delusioni degli ultimi tempi, legate soprattutto alla cattiveria di qualcuno che mi voleva portare in corte per un caso non andato bene.


Pietro mi ha ridato coraggio e mi ha spronato ad andare avanti, nonostante gelosie e cattiverie.
Spero davvero che Pietro possa tornare presto...ho ancora bisogno della sua amicizia e della sua rassicurante presenza in sala.
Una parola anche per Fiorella che ringrazio tantissimo per il servizio svolto con i nostri orfanelli.
Ad entrambi auguro un felice ritorno nel gelo italiano.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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